Con una recente pronuncia, del 5 giugno 2025, la Corte d’Appello di Napoli Nord, sezione lavoro, ha esaminato un caso di licenziamento per giusta causa di un dipendente di una società operante nell’ambito dei servizi per telecomunicazioni, con qualifica di operaio, livello C2, con mansioni, da ultimo, di installatore reti TLC Rame, al quale erano stati contestati diversi fatti. Più precisamente, al dipendente erano stati contestati una serie di fatti commessi in tre distinte occasioni, sempre durante l’orario di lavoro, nell’ambito dello svolgimento delle mansioni a lui assegnate, consistenti in atteggiamenti maleducati, offensivi ed aggressivi nei confronti di alcuni suoi colleghi ed alla presenza anche di suoi superiori gerarchici. In particolare, in una di queste occasioni, il dipendente, con uno scatto improvviso di ira, si era scaraventato contro la porta del bagno all’interno degli spogliatoi di servizio ed aveva sferrato una violenta manata contro il vetro della stessa, con la conseguenza che il vetro era andato in frantumi e, nelle vicinanze, c’erano anche altri colleghi. Nel corso del giudizio di primo grado sono stati escussi i testimoni. La Corte d’Appello ha confermato la ricostruzione di quanto contestato nelle prime due occasioni fatta dalla pronuncia di primo grado che, pur avendo considerato gli episodi reali e probabilmente reiterati, non li ha ritenuto così gravi da comportare un vero e proprio danno all’azienda. Quanto alla condotta che il lavoratore aveva tenuto in occasione del terzo episodio, la Corte d’Appello, sempre a conferma della pronuncia di primo grado, l’ha ritenuta da sola, idonea a giustificare la sanzione espulsiva. La sentenza in esame, al riguardo, ha sottolineato il fatto che il datore di lavoro, nella lettera di licenziamento, aveva proceduto ad una valutazione dei comportamenti sia singolarmente sia complessivamente. Da qui la possibilità di considerare, così come avvenuto, ai fini della valutazione della sanzione espulsiva, anche una sola delle condotte poste in essere dal lavoratore. La sentenza della Corte, al riguardo, ha richiamato l’orientamento della Suprema Corte, secondo cui in tema di licenziamento per giusta causa, quando vengano contestati al dipendente diversi episodi rilevanti sul piano disciplinare, non occorre che l’esistenza della “causa” idonea a non consentire la prosecuzione del rapporto sia ravvisabile esclusivamente nel complesso dei fatti ascritti, ben potendo il Giudice - nell’ambito degli addebiti posti a fondamento del licenziamento dal datore di lavoro - individuare anche solo in alcuni o in uno di essi il comportamento che giustifica la sanzione espulsiva, se lo stesso presenti il carattere di grave inadempimento richiesto dall’articolo 2119 codice civile (conformi sentenze 18836/17, 2579/09, 12195/14 ex plurimis). Sulla base dei principi giurisprudenziali di cui sopra, pertanto, la sentenza della Corte d’Appello ha confermato che la condotta di cui all’ultimo episodio, avrebbe, così come rilevato dal datore di lavoro, messo in evidenza uno scarso equilibrio ed una insufficiente capacità di autocontrollo del lavoratore, nonché una sostanziale indifferenza al rispetto dei propri obblighi civili oltre che lavorativi. Da qui la legittimità del licenziamento per giusta causa.
Fonte: SOLE24ORE