Il preavviso lavorato posticipa l’estinzione del rapporto di lavoro

Il preavviso lavorato posticipa l’estinzione del rapporto di lavoro

  • 24 Giugno 2025
  • Pubblicazioni
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve essere considerato una «fattispecie complessa» a tre fasi (comunicazione dell’intenzione di procedere al licenziamento, tentativo di conciliazione e risoluzione del rapporto): così la Corte di cassazione nella sentenza 15513/2025 del 10 giugno, in occasione della quale i giudici di legittimità hanno chiarito che la «rilevanza giuridica» del licenziamento è sempre retroattiva, essendo riferita all’avvio del procedimento, mentre l’«effetto estintivo» dipende dalla scelta datoriale, che ha due opzioni. La prima è quella in cui, una volta avviato il procedimento, il rapporto di lavoro venga interrotto. Qualora, nella comunicazione di avvio o nella lettera di licenziamento, il datore dichiari di voler dare il preavviso, l’effetto estintivo del rapporto si produrrà soltanto al termine di tale periodo decorrente dall’inizio della procedura. Qualora, invece, nulla venga dichiarato sul preavviso, neppure nella lettera di licenziamento, l’effetto estintivo si produrrà retroattivamente al momento dell’avvio del procedimento con diritto del dipendente all’indennità sostitutiva del preavviso. La seconda ipotesi è quella in cui il procedimento venga avviato senza interruzione del rapporto di lavoro. Il periodo in cui in concreto il rapporto ha avuto esecuzione dovrà essere qualificato ex lege quale «preavviso lavorato» e conseguentemente, nell’ipotesi di concessione del preavviso, residuerà unicamente l’eventuale periodo previsto contrattualmente in un numero di giorni superiore a quelli già trascorsi, mentre, laddove non vi sia preavviso, l’effetto estintivo si produrrà nel momento della comunicazione del recesso con diritto alla relativa indennità riparametrata all’eventuale residuo periodo. Così è stato deciso nella sentenza 15513 con riferimento al caso di un dipendente, collocato in ferie sino all’incontro presso l’Ispettorato del lavoro, fissato per l’8 febbraio 2019, e licenziato con effetto retroattivo alla data dell’incontro stesso, con lettera del 9 febbraio 2019 ricevuta il successivo 11 febbraio. Nel medesimo giorno dell’8 febbraio 2019 il dipendente aveva presentato all’Inps domanda di congedo biennale per l’assistenza della madre invalida, istanza che era stata rigettata dall’Istituto a seguito della ritenuta insussistenza del rapporto di lavoro all’atto della stessa. Pertanto, il dipendente proponeva ricorso, poi respinto, avanti al giudice di primo grado per l’accertamento, fra le altre domande, della risoluzione del rapporto con effetto alla data in cui aveva ricevuto la lettera di licenziamento: l’11 febbraio 2019. Anche la Corte d’appello rigettava il gravame, ritenendo erroneamente inderogabile l’articolo 1, comma 41, della legge 92/2012 e facendo così risalire gli effetti del licenziamento in via retroattiva dal giorno della comunicazione di avvio del procedimento. La Cassazione, investita della questione, ha specificato che la Corte territoriale avrebbe dovuto attentamente valutare la scelta datoriale di non interrompere il rapporto di lavoro durante il procedimento, chiarendo che l’articolo 1, comma 41, della legge 92/2012 è una norma derogabile in melius a favore del lavoratore subordinato quanto all’individuazione del momento di produzione dell’effetto estintivo del rapporto di lavoro. Ferma la rilevanza giuridica dell’avvio della procedura, la Corte di legittimità ha da ultimo riassunto le proprie deduzioni, confermando che il diritto al preavviso del lavoratore non può venir meno in nessun caso. Pertanto, se il preavviso è stato dato, l’effetto estintivo si verificherà al compimento del relativo periodo «sia pure calcolato dal primo atto della fattispecie complessa». In assenza di preavviso, verrà corrisposta la relativa indennità sostitutiva, calcolata dal momento della comunicazione di avvio della procedura, se il rapporto di lavoro è stato interrotto, oppure, in caso di continuazione del rapporto durante la procedura, riparametrata all’eventuale residuo periodo secondo l’avvenuta comunicazione del recesso. La sentenza impugnata è stata, pertanto, cassata con rinvio alla Corte d’appello, tenuta ad attenersi ai principi sopra indicati.

Fonte: SOLE24ORE