Licenziamento per superamento del comporto, rileva il Ccnl di categoria
- 23 Giugno 2025
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Il Tribunale di Tempio Pausania, con la sentenza 283/2025 del 3 giugno, ha accertato la legittimità del licenziamento intimato a una dipendente che si è assentata per malattia oltre il limite di 556 giorni, nell’ambito di un quadriennio, previsto dal Ccnl applicato al rapporto di lavoro. Anzitutto, il giudice ha ritenuto computabili nel periodo di comporto i 60 giorni di degenza per i due interventi chirurgici al piede ai quali si era sottoposta la lavoratrice. La sentenza ha osservato come il Ccnl di settore escludesse espressamente dal computo del periodo di comporto solo le assenze per patologie gravi che richiedono terapie salvavita, quali, ad esempio, l’emodialisi o la chemioterapia. I giorni di ricovero seguiti alle operazioni al piede subite dalla dipendente, a detta del Tribunale, non erano riconducibili alla categoria dei trattamenti salvavita talché, in assenza di diversa previsione contrattual-collettiva, dovevano essere conteggiati nel periodo di comporto. Il ragionamento contenuto della sentenza sottintende il principio generale per il quale il ricovero ospedaliero non può costituire, di per sé, causa di esclusione automatica delle relative assenze dal periodo di comporto. In merito all’asserita violazione dei principi di correttezza e buona fede eccepita dalla dipendente per non aver il datore di lavoro comunicato l’approssimarsi della scadenza del periodo di comporto, il Tribunale ha ribadito il principio prevalente nella giurisprudenza di legittimità secondo il quale non sussiste alcun obbligo generalizzato di preavvertire il dipendente, salvo non sia previsto espressamente dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro (si veda Cassazione 30478/2021). Nel caso specifico, il giudice ha rilevato come il Ccnl di categoria non disponesse alcun obbligo in merito, perciò la condotta datoriale non poteva considerarsi illegittima. Il Tribunale si è anche espresso sulla possibilità di fruire durante la malattia delle ferie maturate, ribadendo, sulla scorta del consolidato orientamento della Corte di cassazione, che il lavoratore ha facoltà di avanzare tempestiva richiesta in tal senso, sospendendo il periodo di comporto (Cassazione 27392/2018). Peraltro, il giudice ha precisato, da una parte, che il datore di lavoro ben può opporsi alla richiesta del dipendente di fruire delle ferie laddove ricorrano concrete ed effettive ragioni di natura organizzativa. Dall’altra parte, che non sussiste alcun obbligo datoriale nel caso in cui la richiesta di fruire delle ferie sia avanzata successivamente al superamento del periodo di comporto, come avvenuto nel caso oggetto della sentenza. Conseguentemente, non era ravvisabile alcun profilo di illegittimità del recesso. Dalla sentenza emerge l’indubbia centralità delle previsioni della contrattazione collettiva nell’accertamento della legittimità del licenziamento per superamento del comporto, il quale è caratterizzato da indirizzi giurisprudenziali non sempre univoci che continuano ad alimentare notevole incertezza sui contorni di questa tipologia di recesso.
Fonte: SOLE24ORE