Appalti, non si deroga dalla dichiarazione di equivalenza

Appalti, non si deroga dalla dichiarazione di equivalenza

  • 23 Giugno 2025
  • Pubblicazioni
È illegittimo aggiudicare una gara pubblica in ambito della ristorazione, se l’aggiudicataria utilizza un Ccnl dei pubblici esercizi e ristorazione scaduto nel 2021 senza applicare il successivo rinnovo avvenuto nel 2024. Peraltro, l’aggiudicataria non ha dimostrato, con la dichiarazione di equivalenza, la correttezza del contratto applicato. Lo ha stabilito il Tar Lombardia con la sentenza 1635/2025 del 12 maggio. La decisione riguarda una controversia sorta nell’ambito di una procedura a evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica e domiciliare per il triennio 2025–2027, con possibilità di proroga biennale. L’appalto conteneva genericamente quale indicazione del contratto collettivo di riferimento, il Ccnl «Pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo», in linea con quanto prescritto dall’articolo 11 del Dlgs 36/2023. Si tratta di una indicazione generica in quanto si fa riferimento a un Ccnl senza precisare la data di sottoscrizione, che a sua volta identifica anche il periodo di validità del contratto stesso. Elemento centrale del contenzioso è rappresentato dalla violazione dell’articolo 11 del Codice dei contratti e dell’articolo 9 del disciplinare di gara. In particolare, l’aggiudicataria, pur dichiarando legittimamente in sede di partecipazione l’applicazione del Ccnl indicato dalla stazione appaltante, ha poi esplicitamente riferito – in sede di confronto sindacale e di verifica dell’anomalia – di applicare un contratto collettivo sottoscritto nel 2018 e scaduto nel 2021, rispetto al quale era già intervenuto il rinnovo (5 giugno 2024), che aveva introdotto significative innovazioni normative e retributive.  L’impresa aggiudicataria non ha presentato, a supporto della sua scelta, alcuna dichiarazione di equivalenza delle tutele, né la stazione appaltante ha proceduto a una verifica autonoma in tal senso, così come prescritto dall’articolo 11, commi 3 e 4, e 110 del Codice. Il Tar ha ritenuto pertanto fondato il motivo di ricorso con cui è stata denunciata la violazione del principio di equivalenza tra contratti collettivi, evidenziando che il contratto applicato dall’aggiudicataria era ormai privo di efficacia, vista la cessazione della sua ultrattività a seguito della sottoscrizione del rinnovo. Inoltre, il contratto vigente al momento della gara (giugno 2024) aveva introdotto tutele ulteriori rispetto al contratto scaduto, su almeno quattro profili: congedi per violenza di genere, classificazione del personale, assistenza sanitaria integrativa e tutela della maternità. Il collegio richiama anche i più recenti orientamenti giurisprudenziali e le pronunce dell’Anac (delibera 14/2025) sul principio di equivalenza contrattuale, ribadendo che la verifica delle “tutele equivalenti” non può ridursi alla sola componente economica, ma deve includere quella normativa e che lo scostamento deve essere limitato e marginale. Pertanto, il Tar ha disposto l’annullamento dell’aggiudicazione, l’ordine di subentro della ricorrente nell’esecuzione del contratto e la condanna alle spese per il Comune e per l’aggiudicataria. La sentenza consolida l’orientamento volto ad assicurare una rigorosa applicazione del principio di equivalenza dei Ccnl in ambito di appalti pubblici, sottolineando la necessità per le stazioni appaltanti di effettuare puntuali verifiche sui contenuti dei contratti applicati dagli operatori economici, a tutela dell’ordinato svolgimento delle gare e dei diritti dei lavoratori coinvolti.

Fonte: SOLE24OR