Senza indicazione della collocazione oraria dei turni risarcimento solo se si prova il danno

Senza indicazione della collocazione oraria dei turni risarcimento solo se si prova il danno

  • 10 Giugno 2025
  • Pubblicazioni
Con sentenza 27 maggio 2025, n. 669, il Tribunale di Bologna si è pronunciato in relazione alle domande di una impiegata che, assunta part time, rivendicava differenze retributive per categoria superiore (quadro) e lavoro supplementare/straordinario, nonché il risarcimento del danno emergente provocato dalla mancata indicazione nel contratto della collocazione oraria dei turni giornalieri. Respinta l’eccezione preliminare di nullità del ricorso, sollevata dal datore di lavoro che si è costituito tardivamente, la sentenza ha valutato il contenuto delle mansioni espletate, come risultanti dell’istruttoria. Tenuto conto delle declaratorie del ccnl e del grado di autonomia operativa emerso, ha accolto la domanda di qualifica superiore con conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive. La pretesa risarcitoria è stata, invece, rigettata. Dalla documentazione agli atti e dalle dichiarazioni dei testi è risultato che la lavoratrice fosse stata assunta con un part time di 30 ore settimanali, ma le parti non avevano mai sottoscritto alcun accordo relativo alla collocazione dei turni, né avevano mai pattuito una clausola elastica. La ricorrente aveva poi rispettato un orario ben superiore a quello concordato che, di fatto, corrispondeva a un full time. Tuttavia, nel ricorso non è stata formulata alcuna domanda di “consolidamento”, ma solo quella di risarcimento del danno esistenziale/non patrimoniale «per la compressione della … libertà di disporre del tempo residuo rispetto a quello di lavoro». Il rapporto di lavoro era disciplinato dal Dlgs 81/2015 (articolo 4 e seguenti). In base a tale normativa: «Nel contratto di lavoro a tempo parziale è contenuta puntuale indicazione della durata della prestazione lavorativa e della collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno» (articolo 5 comma 2); «nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, le parti … possono pattuire, per iscritto, clausole elastiche relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa ovvero relative alla variazione in aumento della sua durata» (articolo 6 comma 4); «Lo svolgimento di prestazioni in esecuzione di clausole elastiche senza il rispetto delle condizioni, delle modalità e dei limiti previsti dalla legge o dai contratti collettivi comporta il diritto del lavoratore, in aggiunta alla retribuzione dovuta, a un’ulteriore somma a titolo di risarcimento del danno» (articolo 10, comma 3). La sentenza ha ritenuto che la lavoratrice, pur avendo dimostrato il mancato rispetto delle sopra citate disposizioni, non aveva provato che ciò avesse avuto un impatto nocivo sulla sua vita di relazione. Ha quindi escluso che il danno possa ritenersi in re ipsa per cui, fermo il diritto alle maggiorazioni retributive per lavoro supplementare/straordinario, «eventuali danni ulteriori alla libertà di autodeterminazione della ricorrente avrebbero dovuto essere allegati in modo specifico e circostanziato, per poter poi accedere ad una liquidazione anche in via equitativa». La pronuncia ha quindi offerto una interpretazione dell’ articolo 10, comma 3 del Dlgs 81/2015 di segno opposto rispetto all’orientamento a cui aderiscono, invece, altri giudici di merito. Infatti, essa ha escluso che il danno possa essere liquidato in via equitativa, a fronte della mera prova della violazione della disciplina delle clausole elastiche. In casi analoghi, partendo dal tenore letterale della norma de qua, i giudici hanno invece liquidato un risarcimento del danno sulla base del mero fatto che il lavoratore non avesse firmato un prospetto turni, pur avendolo poi di fatto rispettato regolarmente. Nei casi in cui il danno è stato ritenuto in re ipsa, di solito il risarcimento è stato liquidato in misura pari ad una percentuale della retribuzione lorda percepita nel periodo in cui si è verificata la violazione: percentuale che, a seconda dei casi, può variare dal 5% al 20%, tenuto conto di tutti gli aspetti rilevanti del singolo caso.

Fonte: SOLE24ORE