Un lavoratore subordinato addetto all'attività di picking di magazzino presso una società terza, ha proposto ricorso avanti il giudice del lavoro di Pavia contro sia il proprio datore (un'agenzia per il lavoro) sia tale altra società, affermando di essere stato assunto con inquadramento al livello 6J del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) Spedizione, Autotrasporto Merci e Logistica, ma di avere in realtà sempre svolto mansioni riconducibili al superiore livello 5, e di aver quindi maturato un credito a titolo di differenze retributive. Il ricorrente ha anche invocato la responsabilità solidale di cui all'art. 29 c. 2 D.Lgs. 276/2003 nei confronti delle società convenute. Ai fini che qui interessano, il datore di lavoro si è costituito in giudizio, affermando da un lato di non aver stipulato alcun contratto di appalto con l'altra società, bensì un contratto di somministrazione di lavoro; e dall'altro, che il livello contrattuale assegnato al dipendente fosse corretto e conforme al CCNL. La decisione emessa dal Tribunale di Pavia a definizione della causa può essere suddivisa in due parti: nella prima il giudice si è occupato della verifica dell'inquadramento del ricorrente, mentre nella seconda si è dedicato alla disciplina della responsabilità solidale. Innanzitutto sono stati analizzati i livelli 6 e 6J individuati dal CCNL: al primo di essi appartengono i lavoratori addetti alla movimentazione delle merci che utilizzano mezzi di sollevamento semplice (es. facchini), mentre al secondo lavoratori simili, che però necessitano anche di un addestramento pratico. Il giudice, a fronte delle allegazioni delle parti, ha affermato fosse incontrovertibile che il ricorrente non avesse in realtà mai svolto alcuna delle mansioni specificate nei predetti livelli. I compiti da questo svolti, che consistevano nel prelevamento della merce con l'utilizzo di carrelli elettrici, risultavano infatti sussumibili nel superiore livello 5 del CCNL, nel quale rientrano i lavoratori che per l'appunto si occupano di attività di movimentazione merci mediante mezzi meccanici e/o elettrici di limitata complessità che richiedono normale capacità esecutiva. Conseguentemente, il giudice ha ritenuto applicabile il comma 7 dell'art. 2103 c.c., il quale stabilisce che nel caso di assegnazione a mansioni superiori, il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all'attività svolta e l'assegnazione diventa definitiva dopo il periodo fissato dal contratto collettivo o, in mancanza, dopo 6 mesi continuativi. Nello specifico, il giudice ha fatto riferimento all'art. 7 del CCNL in esame, il quale riprende la norma civilistica riducendo in soli 3 mesi il periodo dopo il quale l'assegnazione diviene definitiva. Dal momento che, nella fattispecie, il lavoratore per più di 3 mesi consecutivi aveva svolto mansioni di 5° livello CCNL, egli aveva perciò diritto ad essere definitivamente inquadrato in tale superiore livello. Venendo ora alla seconda parte della sentenza, relativa al regime di responsabilità solidale, il giudice ha preso come riferimento l'art. 29 D.Lgs. 276/2003, sul contratto di appalto di servizi, e l'art. 30 D.Lgs. 81/2015, che contiene invece la definizione del contratto di somministrazione di lavoro, e sottolinea la differenza tra le suddette tipologie contrattuali. Siccome il ricorrente non aveva fornito alcun elemento in grado di dimostrare che la società resistente dovesse considerarsi un'appaltatrice, la stessa allora a tutti gli effetti rientrava nel novero delle società somministratrici. Nella vicenda doveva quindi applicarsi non l'art. 29 D.Lgs. 276/2003, come chiedeva il ricorrente, bensì l'art. 35 c. 5 D.Lgs. 81/2015, in forza del quale, ove l'utilizzatore adibisca il lavoratore a mansioni superiori rispetto a quelle dedotte nel contratto e non informi di ciò il somministratore, l'utilizzatore medesimo risponde in via esclusiva per le differenze retributive spettanti al dipendente. In definitiva, nella fattispecie la responsabilità dell'errato inquadramento del ricorrente non poteva che gravare soltanto sull'utilizzatore, dato che risultava incontrovertibile la sua autonoma scelta di adibire il lavoratore a una mansione superiore rispetto a quella di formale inquadramento contrattuale. Il giudice ha dunque dichiarato l'insussistenza della invocata responsabilità solidale della società somministratrice per i crediti del ricorrente, con rigetto delle domande nei suoi confronti e altresì condanna del ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore della stessa. Il giudice invece proseguirà per l'esatta determinazione del credito del lavoratore. La pronuncia, a parere di chi scrive, dà concreta attuazione alle norme di cui agli artt. 2103 c.c. e 35 D.Lgs. 81/2015. Si segala che il giudice, a sostegno della sua decisione in punto di cd. ius variandi, richiama un precedente dello stesso Tribunale di Pavia (la sentenza del 5 novembre 2024, n. 60), che a sua volta fa riferimento alle pronunce della Corte d'appello di Brescia n. 218/2022 e del Tribunale di Firenze n. 424/2022. Nessun precedente invece è richiamato per corroborare quanto affermato in punto di responsabilità solidale; tuttavia, la statuizione appare conforme al testo del comma 5 dell'art. 35 citato, che prevede appunto la responsabilità esclusiva dell'utilizzatore in caso di mancata comunicazione al somministratore dell'avvenuto mutamento delle mansioni. Ciò è peraltro una naturale conseguenza della scissione dei poteri tipici in capo al datore di lavoro che caratterizza il contratto di somministrazione: da una tale divisione discende, logicamente oltre che giuridicamente, anche una ripartizione delle responsabilità. Pertanto, risulta pacifica la responsabilità esclusiva dell'utilizzatore che cambi, senza comunicarlo al somministratore, le mansioni del lavoratore somministrato una volta inserito nella sua organizzazione.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL