Impugnazione del licenziamento, Pec efficace come una raccomandata a/r
- 6 Giugno 2025
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Il caso sottoposto alla Corte d’appello di Bologna riguarda un licenziamento per superamento del periodo di comporto, che il lavoratore ha impugnato con una comunicazione inviata a mezzo Pec dal proprio legale il 29 marzo 2024. Dopo qualche giorno, lo stesso lavoratore ha inviato una raccomandata a/r di analogo contenuto. Successivamente, è stato depositato il ricorso avanti al Tribunale di Rimini finalizzato a ottenere la dichiarazione di illegittimità del licenziamento intimato e la società ha eccepito l’avvenuta decadenza, in quanto l’atto era stato depositato oltre i 180 giorni dalla Pec contenente l’impugnazione del recesso, quindi in violazione di quanto previsto dall’articolo 6, comma 2, della legge 604/1966. Il Tribunale ha accolto l’eccezione e il lavoratore ha impugnato la decisione, sostenendo che il termine avrebbe dovuto decorrere dalla ricezione della raccomandata a/r e non della Pec, in quanto, da un lato, quest’ultima era priva di firma digitale, dall’altro, non vi era allegata alcuna procura in favore del legale. La Corte d’appello, nella decisione del 29 aprile 2025, ha confermato la sentenza del Tribunale, evidenziando che l’impugnazione inviata via Pec è stata sottoscritta anche dal lavoratore e conteneva la manifestazione inequivoca della volontà di quest’ultimo di impugnare il licenziamento. Quanto all’utilizzo della Pec, la Corte ha ritenuto che la stessa ha la medesima «efficacia di certezza di una raccomandata cartacea con avviso di ricevimento». A sostegno della propria conclusione, i giudici bolognesi hanno richiamato la giurisprudenza della Suprema corte che, recentemente, ha statuito il seguente principio di diritto: «ai sensi dell’articolo 6 della legge 604/1966 il requisito della impugnazione per iscritto del licenziamento deve ritenersi assolto, in assenza della previsione di modalità specifiche, con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario di un qualsiasi atto scritto avente contenuto idoneo a comunicare l’intenzione del lavoratore di impugnare il licenziamento e allo stesso con certezza riferibile, pertanto, anche mediante invio di una PEC con allegato un file formato word» (Cassazione 18529/2024). Sotto diverso profilo, la Suprema corte ha altresì chiarito – come evidenziato dalla Corte d’appello – che l’impugnazione può provenire anche dal solo legale del lavoratore (Cassazione 96501/2021). In tale contesto, dunque, secondo la Corte d’appello di Bologna, la successiva raccomandata è configurabile come una «comunicazione sostanzialmente ripetitiva dell’impugnazione del licenziamento già validamente manifestata con la Pec» o, al limite, può essere configurabile come un «atto di ratifica dell’operato impugnatorio stragiudiziale di cui alla precedente Pec del 29 marzo 2024, i cui effetti retroagiscono comunque al 29 marzo 2024»; da qui, dunque, l’avvenuta decadenza dall’impugnazione giudiziale, considerato che il deposito del ricorso è avvenuto oltre il termine di 180 giorni dalla ricezione della mail.
Fonte: SOLE24ORE