Utili distribuiti ai dipendenti, imposta del 5% fino a 5mila euro

Utili distribuiti ai dipendenti, imposta del 5% fino a 5mila euro

  • 23 Maggio 2025
  • Pubblicazioni
Le disposizioni della legge in materia di partecipazione economica e finanziaria non introducono nuovi istituti, limitandosi a rafforzare (con agevolazioni fiscali temporanee) strumenti già esistenti nell’ordinamento. Anzitutto la distribuzione di utili ai lavoratori, prevista come forma di retribuzione fin dal codice civile del 1942 è stata agevolata fiscalmente dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 182, legge 208/2015) con un’imposta sostitutiva oggi del 5 per cento. Il limite dell’importo assoggettato a imposta sostitutiva è innalzato da 3mila a 5mila euro, ma solo per il 2025. La nuova misura dell’agevolazione è sottoposta a due condizioni: la quota di utili distribuita ai lavoratori non deve essere inferiore al 10% degli utili complessivi; la distribuzione di utili deve essere fatta in esecuzione di contratti collettivi aziendali o territoriali, sottoscritti da soggetti dotati del consueto requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi. Resta fermo che il dipendente che percepisce tali importi, per beneficiare dell’agevolazione fiscale, deve essere titolare, nell’anno precedente, di un reddito di lavoro dipendente non superiore a 80mila euro. Le altre disposizioni della nuova legge riguardano le forme di partecipazione finanziaria dei dipendenti e la conversione in azioni dei premi di risultato. Per quanto attiene alla partecipazione finanziaria, non ci sono, nel testo definitivamente approvato, novità rispetto a quanto già previsto dalle disposizioni del codice civile, che vengono puramente e semplicemente richiamate. Il mero riferimento codicistico è quel che rimane, dopo che nell’iter parlamentare sono state opportunamente espunte dal testo le disposizioni originariamente previste nel disegno di legge di iniziativa popolare, che prevedeva la regolamentazione ad opera della contrattazione collettiva, la possibilità di destinare quote di retribuzione (fino al 15% della retribuzione globale di fatto) al finanziamento dei piani con una fiscalità agevolata, l’istituzione di forme di gestione collettiva dei diritti derivanti dal possesso di azioni attraverso un affidamento fiduciario ad un soggetto obbligato a votare in assemblea secondo le direttive ricevute (cosiddetto voting trust), sul modello di quanto previsto in altri Paesi. Quanto alla conversione in azioni dei premi di risultato di cui alla legge 208/2015, la novità consiste semplicemente nell’esenzione dalle imposte sui redditi dei dividendi generati dalle azioni attribuite in sostituzione dei premi, per il 50% del loro ammontare, con il limite di 1.500 euro annui. Oltre tali limiti, si applicherà – nella maggior parte dei casi - l’ordinaria ritenuta a titolo d’imposta del 26 per cento. La parziale esenzione, peraltro, è allo stato limitata al solo anno 2025. Tutto il resto (necessità dell’accordo sindacale sui premi di risultato, vincolo reddituale di 80mila euro annui per accedere alla premialità agevolata, esenzione fiscale del valore delle azioni frutto di conversione dei premi e connessa deroga ai limiti e vincoli previsti in generale dal Tuir per l’esclusione del valore delle azioni dal reddito di lavoro dipendente) rimane invariato. In buona sostanza, per quanto attiene alla partecipazione economico-finanziaria dei lavoratori, tutto si riduce, al momento, a due agevolazioni fiscali transitorie di modesta portata. È quindi facile prevedere che l’impatto pratico di queste disposizioni sarà piuttosto contenuto, salvo che le agevolazioni vengano confermate (e magari estese) anche per gli anni successivi a quello in corso.

Fonte: SOLE24ORE