Rinnovi Ccnl, norme disciplinari inapplicabili in modo retroattivo

Rinnovi Ccnl, norme disciplinari inapplicabili in modo retroattivo

  • 8 Maggio 2025
  • Pubblicazioni
Le norme disciplinari previste nel rinnovo del contratti collettivi nazionale di lavoro (Ccnl), in cui viene introdotta una fattispecie di addebito punita con sanzione conservativa, viceversa assente dal codice disciplinare del Ccnl scaduto, non possono applicarsi con effetto retroattivo, neppure in presenza di una clausola negoziale collettiva di retroattività. Se è vero che rispetto alle previsioni collettive di contenuto retributivo è ammessa l’applicazione retroattiva, la stessa regola non può applicarsi per le disposizioni in materia disciplinare, in quanto il rispetto dei principi di certezza del diritto impongono di assicurarne al datore la preventiva conoscenza. Il novellato apparato sanzionatorio dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori disegnato dalla Legge Fornero (92/2012), per cui si prevede il meccanismo della tutela reale attenuata (reintegrazione e indennità fino a un massimo di 12 mesi) solo se i fatti alla base dell’addebito disciplinare sono insussistenti o vi è ricollegata una misura conservativa, impedisce di applicare le previsioni di un codice disciplinare sottoscritto dalle parti sociali in data successiva rispetto alla data (anteriore) in cui il dipendente aveva tenuto la condotta contestata. Se prima della Legge Fornero alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento disciplinare conseguiva il rimedio unico della reintegrazione per i lavoratori assistiti dall’articolo 18, con le modifiche introdotte dalla stessa (successivamente confermate dal Jobs Act) si è approdati ad un sistema di rimedi plurimi. La Cassazione (ordinanza 11147 del 28 aprile 2025) rimarca che in questo rinnovato contesto normativo, nel quale è previsto il rimedio della reintegrazione se il Ccnl sanziona espressamente la condotta contestata al lavoratore con una misura conservativa, è essenziale che il datore conosca in anticipo la gravità ascritta dal contratto collettivo alle specifiche inadempienze contestate. Solo la conoscenza preventiva degli inadempimenti a cui il Ccnl ricollega una sanzione conservativa consente, infatti, al datore di avere un quadro consapevole delle norme disciplinari e di poter, quindi, assumere il rischio associato alla irrogazione della sanzione massima espulsiva. Nel caso esaminato dalla Corte di legittimità il lavoratore era stato licenziato in data 26 febbraio 2016 per le espressioni ingiuriose e lo strattonamento verso il caposquadra. Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento richiamando la norma del Ccnl Chimici-energia-petrolio rinnovato il 25 gennaio 2017 in cui si prevedeva che al lavoratore si applichi una sanzione conservativa. Benché temporalmente successivo rispetto all’azione disciplinare, il nuovo apparato disciplinare veniva invocato in forza di una clausola dello stesso Ccnl che ne stabiliva l’applicazione retroattiva. La domanda del lavoratore era stata parzialmente accolta dalla Corte d’appello di Caltanissetta, che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento, ma non aveva fatto applicazione del nuovo codice disciplinare e, quindi, non aveva riconosciuto il rimedio della reintegrazione, ma unicamente la tutela economica. La Cassazione conferma la sentenza di merito e nega l’applicazione retroattiva delle previsioni in materia disciplinare, anche se in sede collettiva era stata prevista una clausola generale di retroattività. Nella materia disciplinare devono prevalere le esigenze di certezza del diritto, che impediscono di tenere in considerazione le sanzioni conservative inserite nel Ccnl in data successiva al licenziamento per giusta causa.

Fonte: SOLE24ORE