Patto di non concorrenza in costanza di rapporto se determinato e adeguato

Patto di non concorrenza in costanza di rapporto se determinato e adeguato

  • 22 Aprile 2025
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È legittimo il pagamento in corso di rapporto di lavoro del corrispettivo del patto di non concorrenza, purché lo stesso innanzitutto risulti determinato (o quantomeno determinabile) come richiesto dall’articolo 1346 del Codice civile e poi non sia «simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore», costituendo in tale ipotesi causa di nullità della clausola per violazione dell’articolo 2125 del Codice civile. È quanto ribadito dalle ordinanze 9256/2025 e 9258/2025 della Corte di cassazione, relative a contenziosi in cui la banca datrice di lavoro ha lamentato l’inadempimento alle obbligazioni derivanti dal vincolo pattizio da parte di ex dipendenti, i quali a loro volta hanno eccepito la nullità della clausola di non concorrenza per l’asserita inadeguatezza del corrispettivo. La Corte di appello di Milano, in entrambi i casi, ha accolto le tesi dei lavoratori, ritenendo che il patto fosse nullo per indeterminatezza e incongruità del corrispettivo, in quanto collegato alla durata in concreto del rapporto di lavoro. La Corte di cassazione accoglie parzialmente i ricorsi proposti dalla datrice di lavoro riaffermando i princìpi consolidati nella giurisprudenza di legittimità rispetto ai presupposti di validità del patto di non concorrenza. La Suprema corte, a tale riguardo, opera una distinzione concettuale tra nullità per indeterminatezza e nullità per incongruità del compenso, che - contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito - rappresentano ipotesi autonome e richiedono verifiche distinte e puntuali, da compiersi alla luce delle circostanze del caso concreto. Il patto di non concorrenza, infatti, pur inserito nel contesto del contratto di lavoro subordinato, costituisce un atto negoziale autonomo e deve essere valutato secondo criteri propri: per determinarne la validità con specifico riferimento al relativo corrispettivo - che resta elemento distinto dalla retribuzione - è necessario, anzitutto, che lo stesso possegga i requisiti generali di determinatezza o determinabilità previsti dall’articolo 1346 del Codice civile, non rilevando se questo sia erogato in costanza di rapporto, al termine o dopo la cessazione. Avendone accertata la determinatezza o determinabilità, il corrispettivo deve essere valutato sotto il profilo della concreta idoneità compensativa, commisurata all’estensione del vincolo, per escludere che sia meramente simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato. In tale prospettiva, la Cassazione esclude che il patto di non concorrenza possa essere ritenuto invalido in via astratta, sulla base di criteri presuntivi e senza operare idonea distinzione tra i due vizi di nullità. Né è ammissibile una parziale conservazione della clausola, trattandosi in ogni caso di ipotesi di nullità che travolgono l’intero patto. In questi termini si pronuncia, in particolare, l’ordinanza 9256 che, con un principio di diritto enunciato incidentalmente, precisa come la congruità del corrispettivo debba essere valutata ex ante con riferimento ai rispettivi obblighi al momento della sottoscrizione del patto - quindi «alla luce del tenore delle clausole e non per quanto poi in concreto possa accadere» - posto che l’obbligazione di pagamento del corrispettivo, autonoma rispetto al rapporto di lavoro, perdura fino alla naturale scadenza del patto di non concorrenza, a prescindere dalle relative modalità di pagamento. Nella peculiare fattispecie sottoposta allo scrutinio della Corte, il patto aveva efficacia triennale, rappresentando, di fatto, una pattuizione a tempo determinato, il che consentiva di predeterminare con sufficiente certezza l’ammontare del corrispettivo concordato sin dal momento della sua sottoscrizione. Perplessità, invece, potrebbero permanere laddove, a fronte del pagamento in costanza di rapporto, non sia previsto alcun termine di efficacia del patto di non concorrenza, rendendo obiettivamente ardua la valutazione a priori della congruità del corrispettivo. In conclusione, è chiaro come le due decisioni, in continuità con la giurisprudenza di legittimità, rafforzino l’esigenza di una verifica puntuale della validità del patto di non concorrenza, valorizzando al contempo il principio di autonomia negoziale e il diritto del lavoratore a una compensazione effettiva e proporzionata alle limitazioni della propria libertà professionale.

Fonte: SOLE24ORE