Licenziabile il quadro che prolunga la pausa pranzo
- 18 Aprile 2025
- Pubblicazioni
L’articolo 17 del Dlgs 66/2003, ai fini dell’esclusione della limitazione dell’orario di lavoro, richiede la qualifica di dirigente ovvero di personale direttivo di aziende o di altre persone con poteri di decisione autonoma. Così la Corte di cassazione, con l’ordinanza 9081 del 6 aprile 2025. Il caso trae origine dal licenziamento di un dipendente, con qualifica di Quadro, per aver ridotto illegittimamente il tempo giornaliero di presenza al lavoro, facendo pause pranzo di circa due ore invece dei prescritti 60 minuti e/o anticipando l’uscita. La Corte d’appello di Napoli, confermando la pronuncia del Tribunale di Noto, ha rilevato la sussistenza dei fatti contestati, l’obbligo del dipendente di osservare un orario di lavoro, l’assenza di alcuna autorizzazione, il fatto che le condotte contestate non rientravano tra quelle punite con sanzione conservativa dalla contrattazione collettiva e l’irrilevanza dell’assenza di recidiva. Il lavoratore ricorreva in cassazione, sostenendo di non essere obbligato all’osservanza di stringenti vincoli orari ai sensi dell’articolo 17 del Dlgs 66/2003, stante la sua qualifica di Quadro, nonché l’erronea valutazione dei giudici di merito circa la sussistenza, in capo al lavoratore, di condotte sistematiche e reiterate integranti violazioni delle disposizioni contrattuali, atte a configurare una giusta causa di licenziamento ai sensi della contrattazione collettiva applicata al rapporto di lavoro. Per la Corte di cassazione, entrambi i motivi di ricorso non sono meritevoli di accoglimento. Con riferimento all’assoggettamento all’orario di lavoro, la Corte rileva che il citato articolo 17, ai fini della esclusione della limitazione dell’orario di lavoro, richiede la qualifica di dirigente ovvero di personale direttivo di aziende o di altre persone con poteri di decisione autonoma, categorie nelle quali non rientrava il lavoratore, essendo privo di poteri decisionali autonomi o funzioni direttive quale preposto a singoli servizi o sezioni dell’azienda con la diretta responsabile di essi ovvero svolgesse funzioni rappresentative o vicarie. Solo nelle suddette fattispecie, infatti, sono equiparabili i dirigenti al personale direttivo indicato dalla norma. Sotto diverso profilo, nel caso di specie la contrattazione collettiva applicata al rapporto di lavoro prevedeva espressamente l’assoggettamento dei Quadri all’orario di lavoro. Infine, il lavoratore nelle giustificazioni aveva sostenuto di aver lavorato per un orario di lavoro eccedente quello prescritto, confermando implicitamente di essere consapevole di dover osservare un orario di lavoro. In merito alle declaratorie della contrattazione collettiva, la Corte d’appello si è attenuta al consolidato orientamento di legittimità per cui, in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali costituisce uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale ex articolo 2119 del Codice civile (Cassazione 17321/2020), mentre è vincolante la previsione della contrattazione collettiva quando preveda una sanzione conservativa per il fatto addebitato (Cassazione 11665/2022), salvo il giudice accerti che le parti avevano inteso escludere, per i casi di maggiore gravità, la possibilità della sanzione espulsiva (Cassazione 8621/2020) o siano presenti elementi aggiuntivi, estranei o aggravanti rispetto alla previsione contrattuale (Cassazione 36427/2023). In applicazione dei suesposti principi, la cassazione ha confermato la sentenza impugnata e rigettato il ricorso.
Fonte: SOLE24ORE