Mancato superamento della prova, no al recesso in caso di mansioni diverse

Mancato superamento della prova, no al recesso in caso di mansioni diverse

  • 11 Aprile 2025
  • Pubblicazioni
L’assegnazione del dipendente a mansioni diverse rispetto a quelle indicate nel patto di prova determina un vizio funzionale che non pregiudica la validità del patto stesso, ma comporta il diritto del lavoratore, ove possibile, alla prosecuzione della prova, ovvero al ristoro del pregiudizio sofferto. Questo il principio ribadito dal Tribunale di Messina con la sentenza del 26 febbraio 2025 n. 591. Il caso affrontato riguardava l’impugnazione di un licenziamento intimato a una lavoratrice per mancato superamento del periodo di prova. La dipendente, nell’invocare l’illegittimità del recesso, sosteneva, tra le altre cose, di essere stata adibita dalla società a mansioni diverse rispetto a quelle previste nel patto di prova. Esperita l’attività istruttoria, il Giudice ha accertato come effettivamente la lavoratrice fosse stata adibita a sole attività di cassiera, diverse dalle mansioni (di salumiere) indicate nel patto. Ciò con la conseguenza che non poteva ritenersi configurabile un esito negativo della prova, non risultando le modalità di esperimento della prova adeguate ad accertare la capacità lavorativa della lavoratrice. Quanto alle conseguenze, il Giudice, richiamando precedenti giurisprudenziali, ha chiarito come non tutti i vizi che incidono sul patto di prova ne determinano l’invalidità, dovendosi operare una netta distinzione tra vizi genetici e vizi funzionali. Mentre i primi si concretizzano in caso di assenza di uno dei requisiti essenziali del patto (difetto di forma scritta; formalizzazione del patto in un momento successivo all’inizio del rapporto; mancata specificazione delle mansioni; mancata indicazione della durata della prova), i vizi funzionali, invece, presuppongono un patto di prova formalmente valido, che però non viene adempiuto da una delle parti. Rientra in quest’ultima fattispecie il caso in cui il dipendente non sia stato messo nelle condizioni di svolgere le mansioni oggetto del patto perché, ad esempio, adibito ad altre e diverse attività. E la distinzione tra vizio genetico e vizio funzionale incide anche sulle conseguenze sanzionatorie in caso di recesso datoriale per mancato superamento della prova. Infatti, solo i vizi genetici determinano la nullità del patto di prova, con il risultato che questo è come se non fosse mai stato sottoscritto e il licenziamento soggiace alla disciplina ordinaria dei licenziamenti individuali (con conseguente applicazione dell’articolo 18 della legge 300/1970 o, per i rapporti di lavoro instaurati successivamente al 7 marzo 2015, del Dlgs 23/2015). I vizi funzionali, invece, non determinano l’applicabilità della disciplina del licenziamento individuale, bensì lo speciale regime del recesso in periodo di prova, che prevede, ove possibile, il diritto del lavoratore alla prosecuzione della prova, ovvero al ristoro del pregiudizio sofferto. In virtù di tali principi, rilevato come nel caso in esame fosse ravvisabile un vizio meramente funzionale, il Giudice ha dichiarato illegittimo il recesso, condannando la società a consentire alla dipendente di effettuare i residui giorni di prova nelle mansioni pattuite o, laddove non possibile, a risarcirle il danno, ragguagliato alla retribuzione non percepita per tale periodo residuo.

Fonte: SOLE24ORE