Indifferente il rilievo penale delle condotte ai fini della giusta causa di licenziamento
- 7 Aprile 2025
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Anche in presenza di condotte astrattamente assimilabili sul piano del fatto materiale all’illecito penale, la rilevanza penale della condotta contestata è indifferente ai fini della configurazione della giusta causa di licenziamento ex articolo 2119 del Codice civile. Così la Corte di cassazione, con l’ordinanza 8154/2025 del 27 marzo. Il caso trae origine dal licenziamento di un dipendente, colpevole di essersi appropriato, per esigenze personali, di 1.300 euro prelevati dalla cassa del punto vendita al medesimo affidato. La Corte d’appello, confermando la sentenza del Tribunale, ha ritenuto legittimo il licenziamento. A fronte delle deduzioni del dipendente in ordine alla necessità, al fine della configurazione dell’illecito disciplinare, del ricorrere di tutti gli elementi della fattispecie penalmente rilevante dell’appropriazione indebita di cui all’articolo 646 del Codice penale, la Corte del gravame ha evidenziato che il codice disciplinare applicato dalla società contemplava, quale autonoma fattispecie di rilievo disciplinare, l’appropriazione di beni o danaro aziendale o di terzi, anche di modico valore, a prescindere quindi dalla integrazione degli elementi configuranti l’appropriazione indebita quale fattispecie penalmente rilevante. Il dipendente ricorreva in cassazione lamentando, tra le altre, l’omessa qualificazione giuridica della fattispecie di illecito disciplinare, l’errata qualificazione giuridica della fattispecie disciplinare, l’errata rilevanza alla ammissione resa dal ricorrente di perpetrazione della condotta contestatagli e l’inapplicabilità del principio generale della violazione del rapporto di fiducia. La Corte di legittimità, confermando le conclusioni attinte da quella di merito, ha rigettato il ricorso. Per la Cassazione, l’assunto del ricorrente – per cui esiste una unitaria nozione di appropriazione indebita, di derivazione penalistica, recepita dall’ordinamento generale e destinata ad operare con valenza generale in ogni ambito dell’ordinamento e quindi anche in quello disciplinare – è smentito in relazione al rapporto fra dipendente e datore di lavoro dalla espressa previsione codicistica della «giusta causa» di licenziamento ex artcolo 2119 del Codice civile quale fattispecie autonomamente giustificativa della immediata risoluzione del rapporto di lavoro. Nell’area della giusta causa, infatti, confluiscono tutti quei comportamenti che determinano il venir meno del rapporto fiduciario tra datore e lavoratore, con riferimento ai quali è indifferente l’eventuale rilievo penale della condotta, anche in presenza di condotte astrattamente assimilabili, sul piano del fatto materiale, all’illecito penale. Sul punto, la Corte richiama il proprio orientamento per cui, in tema di licenziamento per abusivo impossessamento di beni aziendali, «per la determinazione della consistenza dell’illecito non rileva, di regola, la qualificazione fattane dal punto di vista penale (e, in particolare, se l’illecito integri il reato consumato di furto o appropriazione indebita ovvero solo il tentativo), essendo necessario al riguardo che i fatti addebitati rivestano il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro, e specialmente dell’elemento essenziale della fiducia, e che la condotta del dipendente sia idonea a porre in dubbio la futura correttezza del suo adempimento» (Cassazione 5633/2011).
Fonte: SOLE24ORE