Il controllo sul servizio svolto non rende automaticamente illecito l’appalto

Il controllo sul servizio svolto non rende automaticamente illecito l’appalto

  • 2 Aprile 2025
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In tema di appalto di servizi e in particolare per quelli endoaziendali, al fine di distinguere l’appalto genuino dalla somministrazione illecita di manodopera non è sufficiente rilevare un’ingerenza dell’appaltante nelle modalità di gestione del personale, ma è necessario valutare in concreto l’oggetto dell’appalto, le modalità di svolgimento dello stesso e il rapporto tra l’attività appaltata e l’ambito aziendale di estrinsecazione. In particolare, deve escludersi che possa ravvisarsi una ipotesi di somministrazione illecita di manodopera laddove non venga dimostrato l’esercizio del potere direttivo da parte della committente nei confronti dei lavoratori dell’appaltatrice. Questo è il principio enunciato dalla Corte di appello di Napoli, con sentenza 969/2025 del 17 marzo. Il caso riguarda un lavoratore, assunto da una società appaltatrice, che ha dedotto di avere svolto la propria attività sotto il controllo e la direzione dell’effettivo fruitore. A sostegno di ciò il lavoratore ha affermato di avere di fatto svolto alcune delle attività proprie dei dipendenti della società committente e di essersi sempre rivolto direttamente ai dipendenti della committente in caso di problemi. Sulla base di tali assunti, il lavoratore ha quindi chiesto al Tribunale di accertare l’avvenuta violazione dell’articolo 29, punto 1, del Dlgs 276/2003, nonché di dichiarare la sussistenza del rapporto di lavoro in capo alla società committente, con condanna di quest’ultima a corrispondergli le differenze retributive e la ricostruzione della carriera. Il Tribunale, esperita la prova testimoniale, ha rigettato il ricorso ritenendo genuino l’appalto. Il lavoratore ha proposto appello ribadendo la natura illecita dell’appalto per mancanza di organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore e per l’assenza del rischio d’impresa. La Corte d’appello di Napoli, nel confermare la decisione del Tribunale, ha ribadito come, per qualificare come illecito un appalto, debba risultare assente l’organizzazione dei mezzi necessari e/o risultare assente il rischio d’impresa. Quanto all’organizzazione dei mezzi, va infatti osservato che essa è un requisito immancabile di identificazione dell’appalto genuino e deve risultare dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo dell’appaltatore nei confronti dei lavoratori utilizzati, per cui, di contro, l’esercizio del potere direttivo da parte dell’appaltante/committente emerge come un primo e assorbente indice di violazione del divieto di interposizione. A tale riguardo, sempre secondo la Corte, deve essere però evidenziato come, pur costituendo l’organizzazione del lavoro, anche dal punto di vista direttivo, uno degli elementi che connotano la gestione dell’appalto e il relativo rischio, occorre tuttavia sempre adattare la regola al caso concreto attraverso la valutazione dell’oggetto dell’appalto, delle modalità di svolgimento dello stesso e del rapporto tra l’attività appaltata e l’ambito aziendale di estrinsecazione, partendo proprio dal testuale riferimento «alle esigenze dell’opera o del servizio dedotti in contratto» contenuto nell’articolo 29. In altri termini, è fuorviante ritenere che siamo in presenza di un appalto illecito, solo perché vi è stata un’ingerenza dell’appaltante nelle modalità di gestione del personale, dovendosi considerare che per alcune attività appaltate, tra cui quelle endo-aziendali, l’esecuzione delle stesse nel contesto aziendale richiede un’interazione tra i dipendenti dell’appaltatore e il committente, la cui portata va valutata in concreto (si veda Cassazione 11022/2009, 15615/2011). Infatti, una cosa è dire che i rapporti di lavoro dei dipendenti dell’appaltatore sono gestiti dal committente, altro è sostenere che il committente ha esercitato i poteri di controllo sull’esecuzione del servizio appaltato. Confondere i due ambiti condurrebbe all’inaccettabile conclusione di ritenere precluso al committente di verificare il rispetto delle pattuizioni concordate che, per quanto concerne la parte relativa all’apporto umano, non può non implicare una verifica, secondo modalità predeterminate, dell’esecuzione del servizio. Inoltre, ragionare diversamente significherebbe che, per alcune tipologie di attività, il ricorso all’appalto sia precluso tout court ovvero non sia consentito ex ante, ma così non può essere, a pena di un’evidente lesione del diritto di impresa, garantito dall’articolo 41 della Costituzione.

Fonte: SOLE24ORE