Dirigenti, legittima la proroga del patto di prova prima della scadenza
- 24 Marzo 2025
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In tema di proroga del patto di prova nel rapporto di lavoro dirigenziale, deve ritenersi legittima la modifica consensuale della durata del periodo di prova intervenuta prima della scadenza del termine originariamente pattuito, purché non superi il limite massimo previsto dalla contrattazione collettiva. Questo è il principio enunciato con la recente pronuncia della Corte di Appello di Venezia del 16 gennaio 2025, n. 806/2021. Il caso riguarda l’impugnazione di un licenziamento (formalmente recesso per mancato superamento del periodo di prova) di un dirigente, basato sulla presunta illegittimità della proroga (pattuita per iscritto) del patto di prova. Secondo la Corte di Appello di Venezia (16 gennaio 2025, n. 806) la proroga, se intervenuta prima della scadenza del termine originario e nei limiti del massimo contrattuale, non costituisce rinuncia a diritti indisponibili ai sensi dell’articolo 2113 c.c., in quanto al momento dell’accordo non sussiste alcun diritto alla stabilizzazione del rapporto, permanendo la situazione di libera recedibilità, propria di tale istituto. Inoltre, sempre secondo la Corte, la regola della contestualità o anteriorità della pattuizione del patto di prova attiene esclusivamente al momento genetico della sua stipulazione, mentre la successiva modifica della durata non è soggetta ad inderogabilità, essendo solo condizionata al rispetto del limite massimo (previsto dalla contrattazione collettiva e che era stato rispettato dalle Parti). In altre parole, l”inderogabilità” è necessariamente collegata al limite massimo della durata, mentre all’interno di tale massima durata nessuna rinuncia a diritti disponibili è ravvisabile. In tal senso, quindi, la proroga risulta censurabile solo se tale limite non viene osservato (cfr Cassazione 3083/1992). Ed ancora, la Corte di Appello, richiamando l’ordinanza 9789 del 26/05/2020 della Suprema Corte di Cassazione, ha precisato che il prolungamento del periodo entro il limite massimo previsto dal CCNL non viola alcuna norma imperativa, essendo questo limite posto esclusivamente a tutela dell’interesse del lavoratore. Nel caso di specie, al contrario, la prosecuzione della prova oltre il termine iniziale era stata prevista (e concordemente pattuita fra le Parti) entro i limiti del periodo massimo fissato dalla contrattazione collettiva: con conseguente legittimità della stessa. Né l’argomento adotto circa la condizione di precarietà a cui sarebbe sottoposto il lavoratore, con la conseguenza che sarebbe indotto a sottoscrivere la proroga, è risolutivo ma, al contrario, deve ritenersi, sempre secondo la Corte, meramente suggestivo: se così fosse e, quindi, fosse inibita la proroga, la conseguenza paradossale è che il datore di lavoro ben potrebbe determinarsi all’immediato recesso senza alcuna limitazione. Pertanto, negare la possibilità di proroga porterebbe ad una conseguenza sfavorevole per il lavoratore, in quanto il datore di lavoro potrebbe decidere di procedere all’immediato recesso senza alcuna limitazione, anziché concedere un’ulteriore chance al dipendente, mediante appunto la proroga del periodo di prova. In conclusione: posto il limite massimo del periodo di prova è rispetto ad esso che si atteggia la libertà contrattuale delle parti ex articolo 1322, c.c.
Fonte: SOLE24ORE