Legittimo trasferire il dipendente che denuncia mobbing e straining
- 20 Marzo 2025
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È legittimo il trasferimento per incompatibilità ambientale della dipendente che ha promosso una causa di lavoro contro il datore per “mobbing” e “straining”, lamentando un peggioramento dello stato di salute per le vessazioni che ha dedotto di aver subito. In tale scenario, il mutamento della sede di lavoro costituisce una misura organizzativa necessaria per proteggere la salute della lavoratrice e salvaguardare, al contempo, il buon funzionamento dell’ufficio e l’integrità dei colleghi. Se il lavoratore deduce di subire azioni vessatorie che ne minano l’integrità psico-fisica e agisce in giudizio per la loro rimozione, il datore può disporne legittimamente lo spostamento ad altra sede per l’incompatibilità ambientale che emerge dalle «gravissime accuse mosse nei confronti dei propri superiori» e per garantire l’integrità della dipendente. Il mutamento di sede, in questo caso, non è il riflesso di una iniziativa ritorsiva, ma la misura organizzativa che il datore ha dovuto mettere in atto per eliminare gli effetti che derivavano dalla incompatibilità registrata nell’ambiente di lavoro. Questi principi sono stati affermati dal giudice del lavoro del Tribunale di Milano (sentenza 581 del 10 febbraio 2025) in una controversa promossa dalla dipendente di un istituto di credito che lamentava di essere stata spostata di sede quale ritorsione per una precedente azione giudiziale promossa per il diritto a un inquadramento superiore e per il risarcimento dei danni subiti per le azioni persecutorie da parte dei superiori in azienda. Il datore si era difeso affermando che l’assegnazione ad altra sede era avvenuta per incompatibilità ambientale, di cui si aveva evidenza alla luce delle denunciate condotte ritorsive e mortificanti e degli effetti pregiudizievoli per la salute lamentati dalla dipendente. Il giudice valorizza la tesi espressa dalla difesa datoriale e osserva che lo spostamento ad altra sede si giustifica come misura necessaria per rimuovere le ricadute della insorta incompatibilità ambientale. Prescindendo dalla fondatezza delle accuse di mobbing e straining avanzate dalla dipendente – che in seguito, peraltro, sono state respinte – si osserva che lo spostamento di sede è una misura organizzativa necessaria per rimuovere gli effetti negativi che derivavano dall’incompatibilità ambientale. A fronte di un ambiente di lavoro conflittuale e stressogeno, foriero di ricadute negative sul piano professionale e della salute per gli addetti dell’ufficio, il mutamento di sede costitusce adempimento del dovere datoriale di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei dipendenti in base all’articolo 2087 del Codice civile. Nel caso specifico, lo spostamento di sede della dipendente era la misura organizzativa che consentiva di bilanciare in modo più equilibrato l’esigenza di un ambiente di lavoro non conflittuale con la protezione dell’integrità dei lavoratori coinvolti. Non costituisce condotta discriminatoria, dunque, il trasferimento per incompatibilità ambientale della dipendente che accusa i superiori gerarchici di azioni vessatorie, in quanto tale provvedimento costituisce una misura organizzativa che, in adempimento del precetto civilistico, rimuove le condizioni che possono pregiudicare la salute e la integrità morale della persona che si assume offesa.
Fonte: SOLE24ORE