Contratti pubblici e dichiarazione di equivalenza: profili di criticità

Contratti pubblici e dichiarazione di equivalenza: profili di criticità

  • 18 Marzo 2025
  • Pubblicazioni
L’entrata in vigore del Dlgs 209/2024 ha inciso significativamente sulla disciplina dettata con riferimento al principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore dall’articolo 11 del Dlgs 36/2023, recante il Codice dei contratti pubblici. Tale disposizione, modificata dall’articolo 2 del richiamato Dlgs 209/2024, prevede che al personale impiegato nell’esecuzione del contratto sottoscritto dalla stazione appaltante o dall’ente concedente siano applicati il contratto collettivo di lavoro nazionale e, ove esistente, territoriale in vigore per il settore e per la zona in cui è svolta l’attività di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e il cui ambito d’applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto del contratto d’appalto o della concessione. Tralasciando qui le difficoltà che potrebbero emergere quando s’intenda appurare se sia effettivamente vigente un Ccl territoriale, è stabilito che nei documenti iniziali di gara e nella decisione di contrarre la stazione appaltante e l’ente concedente indichino il contratto collettivo di lavoro applicabile ai lavoratori che presteranno la propria attività nella fase d’esecuzione del contratto d’appalto o della concessione seguendo le prescrizioni di cui all’Allegato I.01. L’operatore economico può indicare nella propria offerta un contratto collettivo di lavoro diverso da quello individuato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a condizione che assicuri ai lavoratori le stesse tutele. In tale ipotesi, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione, la stazione appaltante e l’ente concedente acquisiscono la dichiarazione dell’operatore economico mediante la quale questi asserisce di garantire tutele, economiche e normative, equivalenti a quelle previste dal contratto collettivo di lavoro indicato nei documenti iniziali di gara o nella decisione di contrarre. La verifica della dichiarazione di equivalenza è effettuata in ossequio a quanto disposto in materia di offerte anormalmente basse (articolo 110) e in osservanza degli articoli 3-5 di cui al citato allegato I.01. In particolare, l’articolo 4 di detto allegato indica in dettaglio sia gli elementi della retribuzione, sia le tutele normative che è stabilito debbano essere oggetto del giudizio di equivalenza. È previsto che entro il 31 marzo 2025 siano adottate mediante apposito decreto ministeriale le linee guida che disciplinino le modalità di attestazione d’equivalenza; dette linee guida dovrebbero altresì indicare criteri e metriche per la valutazione della marginalità degli scostamenti rilevati tra i Ccl posti a confronto. Fermo restando che la mancanza di apposite linee guida che recepiscano le modificazioni apportate a far tempo dal 31 dicembre 2024 pone in gravi difficoltà l’interprete che si accinga a confrontare contratti collettivi di lavoro, emergono perplessità, in parte già evidenti al 30 dicembre 2024, tra le quali meritano di essere evidenziate le seguenti. Anzitutto, è stabilito che la dichiarazione d’equivalenza debba afferire sia al Ccl nazionale che a ciascun Ccl territoriale eventualmente vigente in ogni ambito territoriale in cui è data esecuzione al contratto. Nell’ipotesi in cui sia indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente un Ccl nazionale che comporta l’applicazione anche di un Ccl territoriale, l’operatore economico che applichi un diverso Ccl nazionale che a sua volta non implica l’applicazione di alcun Ccl territoriale potrebbe risultare svantaggiato, poiché, quand’anche fosse accertata una perfetta equivalenza con riguardo al Ccl nazionale, essa potrebbe essere pregiudicata dalla disciplina di miglior favore per il lavoratore dettata dal Ccl territoriale. È il caso, ad esempio, del Ccnl 22 marzo 2024 del Terziario, Distribuzione e Servizi, che nell’ambito della Regione Lazio comporta l’applicazione del Contratto Integrativo Territoriale 9 dicembre 2024 nonché, per il periodo compreso tra il 9 dicembre 2024 e il 26 agosto 2026, il Protocollo 9 dicembre 2024, che introduce condizioni retributive di miglior favore qualora l’attività di lavoro sia svolta in concomitanza di una festività o della domenica. Diversamente, sul piano della competitività tra gli operatori economici, l’operatore stabilito nella provincia di Roma che applichi il Ccnl 22 marzo 2024 del Terziario, Distribuzione e Servizi e il richiamato Ccl territoriale potrebbe, in ragione dell’inevitabilmente più elevato costo del lavoro, essere svantaggiato ai fini dell’aggiudicazione del bando quando la stazione appaltante o l’ente concedente abbiano individuato un Ccl nazionale diverso e che non comporta l’applicazione di alcun Ccl territoriale. Se da una parte è apprezzabile la precisazione secondo la quale il Ccl nazionale applicato dall’operatore economico deve corrispondere non solo al settore economico più prossimo rispetto all’attività svolta, ma anche alla natura giuridica dell’impresa e alla sua dimensione (articolo 3, comma 1 dell’Allegato I.01, già precisato da Anac in nota illustrativa ‘Bando tipo n. 1/2023’), dall’altra un’interpretazione letterale delle norme vigenti in materia (articolo 11, comma 4 e articolo 4 dell’Allegato I.01) farebbe propendere per un giudizio di equivalenza formato sulla base di un confronto tra le discipline contrattuali, senza che siano tenuti in conto diritti e istituti contrattuali che assicurano al lavoratore condizioni di miglior favore rispetto al Ccl. Il riferimento è qui volto, ad esempio, a un elemento della retribuzione garantito dal datore di lavoro a ciascun lavoratore occupato nell’esecuzione del contratto al dichiarato titolo di “superminimo non assorbibile” e che potrebbe incidere sul giudizio di equivalenza con riferimento alla retribuzione annuale complessiva. Limitare il giudizio di equivalenza agli elementi della retribuzione indicati dall’articolo 4, comma 2 dell’Allegato I.01 senza considerare, ad esempio, eventuali ulteriori componenti fisse della retribuzione stabilite da un Ccl aziendale per regolamento o sulla base di un accordo individuale comporterebbe la formulazione di un giudizio di equivalenza “astratto”, incapace di restituire una rappresentazione genuina delle politiche retributive adottate dall’operatore economico, sì da arrecare uno svantaggio competitivo al datore di lavoro che assicuri ai propri lavoratori – nei fatti – un trattamento economico più favorevole rispetto a quello stabilito dal Ccl nazionale e, se vigente, territoriale. Un ulteriore possibile equivoco discende dal fatto che non è chiaro se le indicazioni rese da Anac al paragrafo 7. della nota illustrativa più sopra richiamata - e che a loro volta trovano fondamento negli orientamenti espressi dall’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) con circolare n. 2/2020 - debbano trovare ancora applicazione, ove compatibili con il vigente articolo 11 del Dlgs n. 36/2023 e con le disposizioni contenute nell’Allegato I.01 al decreto stesso. Ad esempio, fermo restando che «la valutazione deve necessariamente avere ad oggetto sia le tutele economiche che quelle normative in quanto complesso inscindibile», può considerarsi ancora valido il criterio secondo il quale l’equivalenza dei Ccl posti a confronto è accertata quando lo scostamento risulti essere marginale in quanto verificato con riferimento a non più di due parametri? Al riguardo, è opportuno evidenziare che:

- la richiamata circolare dell’Inl individua un elenco di nove istituti su cui effettuare la valutazione di equivalenza delle tutele normative, ritenendo ammissibile lo scostamento solo in relazione a uno di questi, senza peraltro contemplare il tema della marginalità degli scostamenti eventualmente registrati;

- la nota illustrativa predisposta dall’Anac individua, invece, un elenco di dodici istituti su cui effettuare detta valutazione, ritenendo ammissibile uno scostamento limitato a due soli parametri;

- l’articolo 4, comma 3, dell’Allegato I.01 individua quattordici parametri su cui effettuare la valutazione di equivalenza dei Ccl, nulla dicendo in merito al numero di scostamenti tollerati, lasciando presumere che scostamenti possano essere registrati con riferimento a più parametri a condizione che gli stessi possano essere ritenuti irrilevanti in quanto marginali.

Non è neppure certo come valutare scostamenti positivi nell’ipotesi in cui, alla luce della comparazione tra Ccl nazionali e territoriali, un primo Ccl risulti peggiorativo in relazione, a titolo esemplificativo, a tre istituti, ma al contempo migliorativo su altri e diversi tre istituti contrattuali. Inoltre, quale tecnica di bilanciamento e valutazione adottare quando lo scostamento positivo non sia squisitamente quantitativo, ma necessiti, per poter essere effettivamente ponderato, di parametri di natura qualitativa? Potrebbe essere il caso di istituti quali: i) il periodo di prova, ii) il periodo di preavviso o iii) la bilateralità. E ancora, come valutare gli scostamenti appurati con riferimento a istituti contrattuali che però non assumono rilievo alcuno nella fase di esecuzione del contratto? Ad esempio, è ragionevole che l’equivalenza sia decisa avendo in considerazione le norme sullo straordinario festivo, sul lavoro notturno o sul lavoro a turni quando ai fini dell’esecuzione del contratto queste soluzioni organizzative non assumono alcuna rilevanza? Analogamente dicasi con riferimento alle retribuzioni tabellari annuali (articolo 4, comma 1, lettera a) dell’Allegato I.01): quando ai fini della corretta esecuzione del contratto non siano richieste le professionalità corrispondenti a determinati livelli d’inquadramento, è ragionevole elaborare una dichiarazione di equivalenza che consideri in ogni caso tutti i livelli d’inquadramento contemplati dai rispettivi Ccl o non sarebbe forse più aderente al principio sancito dal più volte citato articolo 11 del Dlgs n. 36/2023 porre a confronto i soli livelli d’inquadramento effettivamente coinvolti nell’esecuzione del contratto? E, ancora, è possibile considerare equivalenti le tutele economiche previste da due Ccl quando quelle di uno risultino migliorative per taluni livelli contrattuali d’inquadramento e quelle dell’altro in relazione agli altri livelli? Le criticità interpretative e applicative che ineriscono alla valutazione di equivalenza sono a oggi numerose e di cruciale rilievo. Anche quando le linee guida saranno adottate, è presumibile che esse non potranno sottrarre le dichiarazioni d’equivalenza a interpretazioni difformi espresse non solo dalle stazioni appaltanti, ma anche dagli operatori economici che abbiano partecipato al bando di gara, con il rischio che, nuovamente, ciò alimenti sensibilmente il contenzioso amministrativo, a possibile discapito dell’utilità sociale.

Fonte: SOLE24ORE