Dimissioni di fatto, verifica sulla mancata comunicazione

Dimissioni di fatto, verifica sulla mancata comunicazione

  • 7 Marzo 2025
  • Pubblicazioni
Il messaggio Inps 639 del 19 febbraio 2025 sulle cosiddette dimissioni per fatti concludenti (articolo 19 della legge 203/2024) offre alcuni motivi di riflessione sulle conseguenze di ordine retributivo, contributivo e delle tutele azionabili una volta che l’Ispettorato abbia contestato l’avvenuta estinzione del rapporto di lavoro conseguente all’assenza ingiustificata del lavoratore. Per inquadrare le varie questioni che si pongono, occorre muovere dalla formulazione letterale della disposizione che affida all’Ispettorato l’accertamento della «veridicità» della comunicazione del datore di lavoro. Accertamento, quindi, avente a oggetto il fatto storico della mancata comunicazione da parte del lavoratore dei motivi dell’assenza, essendo invece preclusa all’Ispettorato la verifica dell’impossibilità del lavoratore di provvedere a tale comunicazione per cause di forza maggiore o fatto imputabile al datore di lavoro. Questioni la cui valutazione (stando al tenore letterale della disposizione) il legislatore non ha rimesso all’Ispettorato e che il dipendente dovrà provare ove intenda contestare l’estinzione del rapporto di lavoro. La verifica dell’Ispettorato è eventuale e priva di un termine finale fissato dal legislatore (ancorché la Direzione centrale dell’Inl, con nota 579/2025, abbia indicato agli Uffici un termine massimo di 30 giorni), quindi non può condizionare sospensivamente l’effetto estintivo del rapporto di lavoro che, invece, si produce con la trasmissione della comunicazione all’Ispettorato da parte del datore di lavoro. Il legislatore non ha neppure attribuito all’Ispettorato il potere di ricostituire il rapporto di lavoro ove dovesse ritenere non veritiera la comunicazione del datore di lavoro, sicché la rimozione dell’effetto estintivo del rapporto di lavoro – che si è già prodotto per effetto della trasmissione della comunicazione datoriale – potrà avvenire soltanto su iniziativa del datore di lavoro, allorquando si avvede della insussistenza delle condizioni previste dal legislatore oppure a seguito di un provvedimento del giudice del lavoro sollecitato dal lavoratore, in mancanza del quale quest’ultimo non potrà pretendere il pagamento della retribuzione. Inoltre, la comunicazione dell’Inl che accerta la non veridicità della dichiarazione del datore di lavoro non dovrà essere impugnata avanti al giudice amministrativo, in quanto essa non si configura come un provvedimento amministrativo a contenuto ordinatorio, analogo agli atti di disposizione ex articolo 14 del Dlgs 124/2004. Più complesso è il tema della contribuzione previdenziale. Nel messaggio Inps 639/2025, si legge che «a seguito della comunicazione della Sede territoriale dell’Inl al datore di inefficacia della risoluzione, questi è tenuto agli adempimenti conseguenti in materia di obbligo contributivo». Non è chiaro se l’istituto previdenziale si riferisca al periodo che va dalla risoluzione del rapporto di lavoro alla comunicazione dell’Inl oppure a quello successivo, né se gli «adempimenti conseguenti in materia di obbligo contributivo» si risolvano nelle mere formalità amministrative relative ai flussi informativi oppure comportino anche l’obbligo di versare la contribuzione. In quest’ultimo caso, si tratterebbe a nostro avviso di una impostazione non condivisibile perché, fin tanto che non sarà ricostituito il rapporto di lavoro, risulta carente la fonte costitutiva dell’obbligo contributivo, ossia la giuridica sussistenza del rapporto di lavoro. Infatti, il principio dell’autonomia dell’obbligazione contributiva – che opera, in mancanza delle condizioni necessarie per la produzione dell’effettivo estintivo, pur in assenza di erogazione della retribuzione – resta subordinato al presupposto indefettibile della ricostituzione del rapporto di lavoro (estintosi per effetto della comunicazione datoriale all’Inl) che solo il giudice del lavoro potrebbe disporre. Conseguentemente se il datore di lavoro dovesse ricevere da parte dell’Inps un avviso di addebito contributivo, riteniamo che possa contestarne la legittimità.

Fonte: SOLE24ORE