Indennizzo al lavoratore se l’auto aziendale è revocata
In attesa che venga chiarita l’esatta decorrenza delle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 48, della legge di Bilancio 2025 in tema di fringe benefit costituito dall’assegnazione a uso promiscuo dell’auto aziendale (articolo 54, comma 1, del Tuir), spesso ci si interroga su alcune problematiche collaterali. Tra queste, da considerare con attenzione appare la questione della possibilità di revocare il benefit collegata al principio di irriducibilità della retribuzione del lavoratore subordinato. Tale principio trova fondamento nell’articolo 2103 del Codice civile e si applica anche alle forme di retribuzione in natura, a condizione che siano finalizzate a compensare le qualità professionali intrinseche, essenziali delle mansioni del lavoratore (tra le tante, Cassazione 5721/1999 e 23366/2013). Da cui gli interrogativi: assegnare un’auto per finalità lavorative, ma garantirne l’utilizzo al prestatore anche durante il proprio tempo libero, significa attribuire al dipendente una forma di retribuzione in natura – con le note possibili conseguenze contributive e fiscali – ma a quali condizioni questa dazione è protetta dal principio di irriducibilità della retribuzione? In altri termini, una volta assegnata l’autovettura ad uso promiscuo al dipendente, è possibile successivamente revocarla, senza dover garantire al prestatore una contropartita economica? Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione 8704/1997, 16106/2003, 19092/2017 e 19258/2019), la garanzia di irriducibilità della retribuzione non si estende a quelle componenti retributive che siano erogate per compensare particolari modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, cioè caratteristiche estrinseche, non correlate con le qualità professionali del lavoratore, e quindi suscettibili di riduzione, una volta venute meno, nelle nuove mansioni, quelle specifiche modalità che ne risultavano compensate. Per queste ragioni, revocare l’autovettura assegnata a uso promiscuo al dipendente, a seguito di una modifica delle mansioni svolte – qualora venga meno l’esigenza di utilizzare l’autovettura per gli spostamenti di lavoro e modificando quindi le modalità di effettuazione della prestazione lavorativa – rappresenta un legittimo esercizio dello ius variandi datoriale, non protetto dal principio di irriducibilità della retribuzione. Per converso, invece, se l’attribuzione dell’autovettura anche a uso personale rappresenta un vero e proprio benefit, un valore di riconoscimento dell’elevata professionalità e, casomai, del ruolo apicale del lavoratore, senza correlazioni con la mansione assegnata e con la sua modalità di svolgimento, allora è possibile concludere che il beneficio in natura è tutelato dalla irriducibilità della retribuzione e, qualora, l’autovettura venga successivamente revocata al dipendente, questi avrà diritto a una contropartita economica che permetta di mantenere invariata la retribuzione. Sulla corretta quantificazione della retribuzione equivalente al fringe benefit dell’autovettura, la giurisprudenza di merito ha, peraltro, affermato due divergenti interpretazioni:
il Tribunale di Milano (sentenza 8457/2013) ha ritenuto che la contropartita economica dell’autovettura a uso promiscuo sia «da determinare con riguardo alle tariffe Aci nel valore mensile espressamente indicato in busta paga», che «rappresenta la valorizzazione di ogni utilità derivante dall’uso personale del mezzo aziendale idoneo a remunerare i lavoratori, per equivalente monetario, del mancato utilizzo del bene aziendale per fini personali»;
il Tribunale di Roma (sentenza 17 dicembre 2008) ha affermato che «per stabilire, dunque, il valore del benefit in termini di retribuzione in natura bisogna considerare quale effettivo vantaggio economico, in termini di risparmio di spesa, questo benefit ha comportato per la ricorrente». In quest’ultimo caso, il principio di diritto affermato dal giudice di prime era che la valorizzazione economica dell’uso privato dell’autovettura, ai fini dell’incidenza sugli istituti retributivi, va effettuata considerando l’effettivo vantaggio economico ricevuto dal lavoratore, mentre non sarebbero utilizzabili i criteri previsti dalla normativa contributiva e fiscale.
Fonte: SOLE24ORE