Licenziamento per fatti avvenuti in un precedente lavoro

Licenziamento per fatti avvenuti in un precedente lavoro

  • 21 Febbraio 2025
  • Pubblicazioni
Il caso affrontato dalla Cassazione riguarda il licenziamento di un portalettere per mancata evasione, sottrazione, occultamento e parziale manomissione di corrispondenza. La particolarità della fattispecie è che le condotte contestate erano state poste in essere nel corso di un precedente rapporto lavorativo tra le medesime parti, mentre il licenziamento è stato comminato in costanza del nuovo rapporto, costituito per effetto di una conciliazione novativa. La Suprema corte, nell’ordinanza 4227/2025, richiama la sentenza 428/2019, che aveva ritenuto legittimo il licenziamento di un lavoratore per fatti commessi durante un precedente rapporto con la stessa società di riscossione tributi. In tale sentenza, la Cassazione aveva affermato il principio di diritto secondo cui «in tema di licenziamento per giusta causa, il vincolo fiduciario può essere leso anche da una condotta estranea al rapporto lavorativo in atto, benché non attinente alla vita privata del lavoratore e non necessariamente successiva all’instaurazione del rapporto, a condizione che, in tale secondo caso, si tratti di comportamenti appresi dal datore dopo la conclusione del contratto e non compatibili con il grado di affidamento richiesto dalle mansioni assegnate e dal ruolo rivestito dal dipendente nell’organizzazione aziendale». L’ordinanza 4227/2025 analizza il caso alla luce di tale principio di diritto. In primo luogo, la corrispondenza oggetto degli addebiti è stata fortuitamente rinvenuta durante una perquisizione domiciliare effettuata dai Carabinieri, e non per impulso della datrice di lavoro, molti anni dopo le condotte stesse. Tali condotte, dunque, sono emerse e sono state conosciute dalla datrice di lavoro solo molto tempo dopo la conclusione del precedente rapporto tra le medesime parti. Sebbene la condotta contestata sia stata posta in essere nell’ambito di un precedente rapporto di lavoro, il nuovo rapporto, costituito per effetto della conciliazione novativa, intercorre con lo stesso datore e prevede per il dipendente le medesime mansioni di portalettere che svolgeva all’epoca della condotta posta a base del licenziamento. L’identità sia del datore di lavoro sia delle mansioni svolte costituisce un aspetto di assoluto rilievo per verificare se i comportamenti pregressi del lavoratore integrino una causa che impedisca la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Per la Cassazione il licenziamento comminato è legittimo in considerazione della condotta addebitata al portalettere, «consistita nella totale negazione della prestazione a lui affidata in virtù delle mansioni svolte». Tale comportamento rappresenta la totale negazione di tutti i doveri propri del portalettere, nei cui confronti l’affidamento deve essere massimo, proprio per le modalità con cui la prestazione viene resa, fuori dall’ufficio e al di fuori di qualunque possibile controllo diretto da parte del datore di lavoro.

Fonte: SOLE24ORE