Risarcibili anche i mancati aggiornamenti formativi
- 20 Febbraio 2025
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In caso di dequalificazione professionale la determinazione del danno subito dal lavoratore deve tener conto della ricorrente evoluzione tecnologica cui è esposto il settore in cui esso opera. Nelle attività tecnologicamente avanzate, dove la velocità dei cambiamenti richiede ai dipendenti un livello di aggiornamento continuo, il depauperamento professionale indotto dalle mansioni inferiori attribuite al lavoratore ricomprende il mancato aggiornamento sul piano formativo. In un contesto produttivo fortemente influenzato dalle evoluzioni tecnologiche, la riassegnazione del dipendente, già titolare di un ruolo con elevate competenze tecniche e specialistiche, verso attività ancorate a un protocollo rigidamente standardizzato produce un danno professionale da valutare in relazione alla privazione degli aggiornamenti formativi. In forza di questi principi la Cassazione (ordinanza 3400 del 10 febbraio 2025) ha confermato la liquidazione del danno operata dalla Corte d’appello di Milano in misura pari a 1.000 euro per ogni mese di dequalificazione. Rilevato che l’inquadramento del lavoratore implicava elevate competenze specialistiche e un’adeguata autonomia decisionale in un settore, quello delle telecomunicazioni, interessato da «continua innovazione», la Corte di legittimità osserva che la riassegnazione a compiti prettamente esecutivi ha impedito ogni forma di aggiornamento. È in questo passaggio il dato centrale della decisione, perché l’assenza di aggiornamenti e formazione, a fronte di una durata di tre anni della dequalificazione, ha compromesso la capacità del lavoratore di stare al passo con la «velocità dell’evoluzione tecnologica del settore». Nel solco di un indirizzo consolidato, la Cassazione riconosce che la prova del danno alla professionalità può essere raggiunta attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti. In tale ambito, l’avere il dipendente perduto ogni spazio di aggiornamento in un settore tecnologico in costante evoluzione costituisce quell’elemento presuntivo su cui occorre misurare il danno alla professionalità. La decisione presenta un profilo di grande interesse, perché collega il danno alla professionalità alla velocità dei cambiamenti tecnologici in atto nel mercato del lavoro. In un contesto così dinamico, la Corte suggerisce che il pregiudizio professionale risarcibile vada indagato non solo (o non tanto) rispetto al mancato esercizio di mansioni in linea con le capacità professionali del dipendente, bensì rapportandosi all’azzeramento di ogni spazio di aggiornamento formativo che la sottrazione delle mansioni ha prodotto. Le evoluzioni scientifiche e tecnologiche richiedono a un numero sempre maggiore di lavoratori un percorso di aggiornamento e di formazione che continua e si rinnova nel tempo. La Cassazione sembra prenderne atto, evidenziando che in questi contesti professionali la dequalificazione produce un immediato danno risarcibile per la privazione degli aggiornamenti formativi essenziali per non disperdere la professionalità acquisita. Le imprese più virtuose si sono adeguate da tempo a queste dinamiche e sono numerosi gli accordi aziendali che prevedono cicli di formazione periodici, a conferma della centralità che, anche rispetto all’esercizio dello jus variandi, assume la conservazione di idonei spazi di aggiornamento professionale per i dipendenti.
Fonte: SOLE24ORE