È legale una retribuzione più bassa durante le ferie
- 19 Febbraio 2025
- Pubblicazioni
Se un accordo aziendale, con clausola di inscindibilità, prevede l’esclusione di alcune indennità pagate quando i lavoratori svolgono l’attività. Non può essere invocata la nullità parziale di un contratto collettivo, nella parte in cui esclude dalla retribuzione pagata durante il periodo feriale alcune indennità spettanti durante i periodi di presenza al lavoro, in particolare qualora lo stesso accordo contenga una clausola di inscindibilità. Tanto più se l’esclusione è stata motivata con la necessità di fronteggiare una crisi industriale, nell’ambito di una negoziazione complessiva volta a contenere il costo del lavoro. Con l’affermazione di questo principio, il Tribunale di Roma (sentenza 9912/2024, replicata da una pronuncia di contenuto analogo) ha rigettato le domande formulate da alcuni assistenti di volo verso il loro datore di lavoro. La causa aveva a oggetto, in particolare, il trattamento economico del periodo feriale che, secondo i lavoratori, era stato erroneamente calcolato tenendo conto esclusivamente dello stipendio fisso e dell’indennità di volo minima garantita, senza considerare il trattamento economico corrisposto quando l’attività di volo veniva effettivamente svolta. I lavoratori hanno contesto, in particolare, la norma del contratto collettivo aziendale in base alla quale la retribuzione del personale navigante di cabina sia composta da una parte fissa (stipendio e indennità di volo minima garantita) e da una parte parametrata alle ore di volo effettive (indennità di volo variabile); secondo i ricorrenti, le clausole che escludono dalla base di calcolo della retribuzione spettante nei giorni di ferie l’indennità di volo integrativa contrastano con la norma europea. Il Tribunale ha respinto questa argomentazione, ricordando che l’accordo collettivo in questione viene qualificato, già nei primi articoli, come una «regolamentazione economica e normativa unitaria, inscindibile ed esclusiva» dei rapporti di lavoro in azienda. Questa unitarietà, osserva la sentenza, trova fondamento nella esplicita volontà – dichiarata nello stesso accordo – di superare un periodo di crisi aziendale, che avrebbe potuto portare alla definitiva chiusura dell’attività di trasporto aereo. A fronte di questa finalità, gli equilibri raggiunti tra le parti in merito alle indennità riconosciute ai lavoratori e alla loro rilevanza ai fini degli istituti indiretti e delle ferie conseguono a concessioni e rinunce reciproche, come tali legate le une alle altre in modo inscindibile. Una considerazione importante, si legge nella sentenza, in quanto comporta che l’eventuale nullità delle clausole contrattuali riferite alla irrilevanza dell’indennità variabile ai fini del dovuto per ferie determinerebbero l’inevitabile caducazione e inefficacia anche delle altre previsioni contrattuali, quelle che introducono questa indennità: le une e le altre fanno parte dell’equilibrio raggiunto sull’istituto e, come tali, sono accomunate dallo stesso regime di validità ed efficacia. In altre parole, la clausola che prevede un’indennità solo per i periodi di lavoro, escludendo le ferie, o è tutta valida o è tutta nulla. Ma se è tutta nulla, l’indennità non spetta in nessun caso. La sentenza affina questo ragionamento affermando che se, al tavolo negoziale, le parti avessero soltanto prefigurato la possibilità che l’indennità variabile potesse incidere sulla retribuzione feriale, le medesime parti avrebbero con ogni probabilità modulato diversamente l’entità di essa o, addirittura, non l’avrebbero proprio istituita. Una pronuncia molto innovativa che va in una direzione diversa rispetto alla giurisprudenza degli ultimi anni la quale, in maniera spesso acritica, ha “integrato” le previsioni degli accordi collettivi per innalzare i trattamenti economici applicati al personale; una sentenza che riconosce l’autorità salariale della contrattazione collettiva come sede più adeguata a definire i livelli retributivi.
Fonte: SOLE24ORE