Se l’azienda è estinta, del credito per il Tfr rispondono i soci

Se l’azienda è estinta, del credito per il Tfr rispondono i soci

  • 29 Gennaio 2025
  • Pubblicazioni
«Allorché il lavoratore presenti all’Inps, quale gestore del Fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto, la domanda volta a ottenere il trattamento insoluto, devono sussistere tutti i requisiti previsti dalla legge per il perfezionarsi del diritto del lavoratore e per il sorgere del connesso obbligo dell’Istituto di adempiere tempestivamente, ove non insorgano contestazioni. Tali requisiti includono, anzitutto, il preventivo accertamento della sussistenza e della misura del credito, in quanto su tale misura la stessa prestazione previdenziale del Fondo è modulata. Ove il datore di lavoro sia una società cancellata dal registro delle imprese e quindi estinta (articolo 2495 del Codice civile) e tale società non sia più fallibile, l’accertamento in esame deve essere conseguito nei confronti dei soci, in quanto successori della società e dotati della legittimazione passiva, a prescindere dall’effettiva riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione». Sulla base di questo principio, la Corte di cassazione (sentenza 1934/2025) ha ribaltato i primi due gradi di giudizio nei quali è stato riconosciuto l’obbligo di intervento del Fondo nei confronti dei lavoratori di un’azienda senza ritenere necessario un accertamento del credito reclamato. Infatti, secondo la Corte d’appello, il credito, non controverso, è stato comprovato dalla documentazione prodotta dagli ex dipendenti ed è stata ritenuta «conclamata l’inutilità di un’azione esecutiva contro il datore di lavoro, in quanto analoghe azioni, intraprese dai lavoratori della medesima società, non hanno sortito alcun risultato». Dunque, secondo i gradi di merito, i documenti presentati dagli interessati per dimostrare il diritto alla corresponsione del Tfr (e relativo importo) sono stati ritenuti sufficienti anche alla luce del fatto che differenti e precedenti azioni esecutive non hanno dato esito positivo. Tuttavia la Corte di cassazione è di parere differente e ha accolto il ricorso presentato dall’Inps.  Richiamando dei precedenti, i giudici affermano che «l’accertamento giurisdizionale della misura del Tfr dovuto in esito all’ammissione allo stato passivo ovvero la sua consacrazione in un titolo esecutivo conseguito nei confronti del datore di lavoro rappresentano la modalità necessaria per l’individuazione della misura stessa dell’intervento solidaristico del Fondo di garanzia». Senza tale passaggio non si può richiedere l’intervento da parte dell’Inps. Del resto, si legge nella sentenza, è l’articolo 2, quinto comma, della legge 297/1982 a indicare come imprescindibile il tentativo di esecuzione forzata prima di poter accedere al Fondo di garanzia e l’esecuzione richiede a sua volta un titolo su cui fondarla. Inoltre l’accertamento giudiziale del credito è necessario all’Inps il quale non ha titolo «per contestare la fondatezza della pretesa del lavoratore verso il suo datore di lavoro». Qualora poi, come nel caso specifico, la società datrice di lavoro sia estinta, i soci succedono nei rapporti debitori e nei loro confronti si può formare il titolo che accerta il credito degli ex dipendenti. La presenza di un titolo ufficiale, inoltre, agevola l’attività dell’Inps che, quale gestore del fondo, è tenuta a intervenire dopo aver verificato i presupposti di legge e se non sussistono contestazioni. Tutto ciò, ritengono i giudici, non determina un irragionevole e sproporzionato aggravio a danno dei lavoratori.

Fonte:SOLE24ORE