Licenziamento in violazione del periodo di comporto
- 4 Agosto 2022
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Il lavoratore assente dal lavoro per motivi di salute non può essere licenziato sino a che non sia decorso il cosiddetto periodo di comporto, ovverosia il periodo fissato dalla contrattazione collettiva (o, in via subordinata, dagli usi o secondo equità) durante il quale il dipendente ha diritto alla conservazione del proprio posto di lavoro. In caso contrario, come la Corte di cassazione ha di recente avuto modo di ribadire (sezione lavoro, 28 luglio 2022, n. 23674 ), il recesso deve dirsi nullo. La norma di riferimento è rappresentata dall'articolo 2110 del codice civile, il quale sancisce espressamente che nei casi di malattia, oltre che in ipotesi di infortunio, gravidanza e puerperio, l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto di lavoro a norma dell'articolo 2118 solo una volta che sia decorso il predetto periodo. Si tratta di una norma alla quale, secondo la giurisprudenza di legittimità, va attribuito carattere imperativo e che quindi, non consente soluzioni diverse rispetto a quella ivi contemplata. La nullità del licenziamento intimato per il perdurare delle assenze per malattia o infortunio del lavoratore ma prima che sia decorso il periodo di comporto, insomma, deve sempre considerarsi nullo per violazione della norma imperativa posta dall'articolo 2110, comma 2, del codice civile e tale conclusione, per la giurisprudenza, non è contestabile in alcun modo e per nessuna ragione.