Demansionamento anche in assenza di mobbing
- 20 Gennaio 2025
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La Corte d'appello di Potenza, confermando la decisione del Tribunale, accoglieva il ricorso di un lavoratore – istruttore direttivo presso un Comune – limitatamente al mancato pagamento dell'indennità di funzione, mentre rigettava la sua richiesta di reintegrazione nelle mansioni dirigenziali precedentemente svolte.Contro tale decisione il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione lamentando l'omessa pronuncia in ordine alla sua domanda concernente il dedotto demansionamento, correlato all'illegittimità della delibera comunale, con riguardo alla quale aveva chiesto di essere reintegrato nell'incarico dirigenziale di direzione dell'Ufficio Tecnico. In particolare, secondo il ricorrente, la Corte territoriale avrebbe deciso solo sulla parte del giudizio concernente le condotte vessatorie da lui lamentate nei confronti del datore di lavoro.La Corte di cassazione ritiene il motivo di ricorso fondato.La Suprema Corte rileva innanzitutto che il lavoratore aveva agito in giudizio lamentando non solo di avere subito delle condotte vessatorie sul luogo di lavoro, ma anche di avere patito un demansionamento, chiedendo quindi tutela contro entrambe le distinte condotte della P.A. Ciò chiarito, la Corte di cassazione ribadisce il principio indicato nella massima sopra riportata (già espresso da Cass. Sez. Un. n. 4063 del 22 febbraio 2010), e quindi la differenza tra mobbing e demansionamento, con la conseguenza che «la non ricorrenza dei requisiti della prima situazione non escludono il verificarsi della seconda». Per quanto sopra, la Corte di cassazione cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Napoli per la decisione della causa nel merito.
Fonte: SOLE24ORE