Dimissioni, l’Ispettorato protegge la lavoratrice madre

Dimissioni, l’Ispettorato protegge la lavoratrice madre

  • 8 Gennaio 2025
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La legge tutela la donna che lavora durante la maternità e garantisce il diritto dei figli a un’adeguata assistenza da parte dei genitori. In particolare, è previsto il divieto di licenziamento dall’inizio del periodo di gravidanza fino al compimento del primo anno di vita del bambino. Il licenziamento intimato in violazione delle norme a tutela della maternità è nullo, con diritto della lavoratrice alla riammissione in servizio e alle retribuzioni maturate. Anche le dimissioni della lavoratrice madre godono di tutela: infatti, come la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro durante la gravidanza e fino al compimento dei tre anni di vita del figlio, devono essere convalidate presso il servizio ispettivo del ministero del Lavoro. A questa convalida è sospensivamente condizionata l’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro. In questo panorama si colloca la nuova norma introdotta con il collegato lavoro (legge 203/2024), che all’articolo 19 ha reintrodotto la previsione delle dimissioni per fatti concludenti: in caso di protratta assenza ingiustificata del lavoratore e/o della lavoratrice, il datore di lavoro può risolvere il rapporto per dimissioni. Dall’entrata in vigore del Dlgs 151/2015 è previsto per tutti i lavoratori dipendenti l’ obbligo di comunicare le dimissioni tramite una procedura telematica, senza prevedere a favore del datore la modalità di recesso in caso di inerzia del lavoratore. Anche con la finalità di colmare questa lacuna è intervenuto il collegato lavoro, che ha modificato l’articolo 26 del Dlgs 151/2015, con l’aggiunta del comma 7-bis. Questo prevede la facoltà per le aziende di risolvere il rapporto di lavoro per dimissioni del dipendente in caso di assenza ingiustificata protratta per un periodo massimo di 15 giorni o per i diversi periodi inferiori, previsti dalla contrattazione collettiva. In questo caso, l’azienda dovrà dare comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che potrà effettuare eventuali verifiche, all’esito delle quali il rapporto di lavoro si risolverà per dimissioni, salvo che il dipendente provi un impedimento per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro. Peraltro, la norma – la cui finalità è arginare il fenomeno delle assenze volontarie dei lavoratori dipendenti con l’obiettivo di ottenere il licenziamento e così poter richiedere la Naspi, con i conseguenti oneri a carico delle aziende e per lo Stato – non ha contemplato l’ipotesi della peculiare situazione della lavoratrice madre. Nulla è espressamente previsto, infatti, dalla nuova disposizione, in relazione alla peculiare disciplina di tutela prevista in caso di dimissioni, in favore della stessa lavoratrice madre. Essendo in vigore una peculiare previsione a garanzia della lavoratrice – e non essendo stata prevista alcuna deroga in merito dal collegato lavoro che, anzi, prevede comunque una verifica e la comunicazione all’Inl dell’assenza ingiustificata, ai fini della legittima risoluzione del rapporto di lavoro – deve ritenersi valida e ancora applicabile la disciplina “speciale”. Ci riferiamo in particolare alla necessità della convalida delle dimissioni della lavoratrice madre fino al compimento del terzo anno di età del bambino, a pena di inefficacia delle stesse e/o della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Questo anche per scongiurare il rischio che l’assenza della lavoratrice durante il periodo di maternità sia “indotta” dal datore di lavoro, per ottenere in modo illegittimo la risoluzione del rapporto. Sotto un altro punto di vista, la condizione di gravidanza e/o di maternità della lavoratrice potrà probabilmente essere valutata quale causa di forza maggiore, sia dell’assenza dal lavoro, che dell’eventuale impossibilità di comunicarne i motivi tempestivamente all’azienda e, altresì, qualora vi sia una coazione da parte del datore di lavoro, quale fatto giustificativo imputabile al medesimo, idoneo a impedire che il comportamento per fatti concludenti dell’assenza produca l’effetto della risoluzione legittima del rapporto di lavoro. È auspicabile che intervengano chiarimenti applicativi e interpretativi. Anche in merito alla diversa durata dell’assenza che fa scattare le dimissioni, in ragione dell’applicazione delle differenti previsioni dei Ccnl di categoria applicati dall’azienda.

Fonte: SOLE24ORE