Appalti, corrette le norme sulla rappresentanza

Appalti, corrette le norme sulla rappresentanza

  • 24 Dicembre 2024
  • Pubblicazioni
Scende dal 5 al 3% la franchigia, al di sotto della quale non scatta la revisione prezzi. E sale dall’80 al 90% la percentuale di adeguamento, avvicinandosi (ma non allineandosi) al modello francese richiesto dalle imprese. Allo stesso tempo, arriva un cambio di rotta del Governo sul tema della misurazione della rappresentatività delle parti sociali nei contratti collettivi: vengono rafforzate le tutele a beneficio dei contratti sottoscritti da associazioni e sindacati maggiormente rappresentativi e viene inserito un riferimento esplicito agli accordi leader dell’edilizia. Il Consiglio dei ministri di ieri ha approvato la versione finale del decreto correttivo che rivede il Dlgs n. 36/2023. Un’approvazione arrivata in tempi strettissimi, con l’obiettivo di licenziare entro fine anno alcune misure richieste dal calendario del Pnrr: in particolare, quelle sulla qualificazione delle stazioni appaltanti e sul taglio dei tempi di aggiudicazione delle gare di appalto. Dopo i diversi pareri arrivati in queste settimane (con alcuni passaggi parecchio critici, ad esempio nel documento del Consiglio di Stato), l’assetto del decreto esce confermato nelle sue linee generali, nel testo in entrata in Consiglio dei ministri. Solo qualche limatura per la norma sull’equo compenso, che lascia per gli appalti con offerta economicamente più vantaggiosa una quota del 65% non ribassabile: qui viene inserito un riferimento alle spese e agli oneri accessori, oltre che ai compensi. Non cambia la norma che, penalizzando molto le grandi imprese, impone una nuova limitazione in tema di subappalti: soltanto i subappaltatori potranno utilizzare i certificati lavori collegati alle opere subappaltate, in fase di qualificazione e di rinnovo della loro attestazione Soa. In questo modo chi utilizza molti subappalti avrà difficoltà maggiori nel rinnovo della propria attestazione, essenziale per partecipare alle gare. Così come non viene allargata la concorrenza nel Codice: non cambiano, cioè, le soglie entro le quali è possibile avviare appalti senza gara. Resta, poi, intatto il ritocco delle soglie per la digitalizzazione negli appalti pubblici (si veda l’altro articolo in pagina). Un cambiamento molto importante arriva, invece, sulla revisione prezzi, cioè l’istituto che dovrà consentire di recuperare le variazioni dei costi dei materiali nel corso della vita dell’appalto. Il correttivo partiva da un assetto criticatissimo dalle imprese: riconoscimento dell’80% della sola quota eccedente una franchigia del 5%, a partire dal provvedimento di aggiudicazione. Il momento dal quale si effettua il calcolo (molto lontano dal momento nel quale viene presentata l’offerta) non cambia. Cambia, invece, la franchigia che, solo per i lavori, scende dal 5 al 3 per cento. E sale la quota di adeguamento, dall’80 al 90 per cento. Se con il vecchio assetto in cinque anni le imprese recuperavano circa il 16% degli aumenti,  questo nuovo sistema consente di arrivare a poco meno del 50 per cento. In altre parole, con una soluzione di compromesso, metà degli aumenti saranno a carico della Pa e metà a carico delle imprese. Per servizi e forniture, invece, l’assetto resta identico a quello della prima versione del correttivo: franchigia del 5% e adeguamento dell’80. Sul tema più squisitamente “politico”, nel testo in entrata al Consiglio dei ministri le norme con i parametri di verifica della rappresentatività delle associazioni datoriali e delle organizzazioni sindacali finite nel mirino delle parti sociali sono state rimosse. Da un lato si prevede la possibilità, con uno o più regolamenti, che «possano essere abrogati e sostituiti» gli articoli “incriminati” contenuti nell’allegato 1.01 sui contratti collettivi, con decreto del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, di concerto con il ministro del Lavoro. Del resto nei pareri le commissioni Ambiente e Lavori pubblici di Camera e Senato avevano chiesto al governo sulle stesse norme rispettivamente, «un chiarimento» e «la soppressione» di queste norme. Dall’altro lato il governo già ha indicato nero su bianco i criteri, cancellando i parametri oggetto della lettera congiunta inviata il 28 novembre da Abi, Ania, Confcommercio, Confcooperative, Confindustria e Legacoop: via dunque i contestati criteri di verifica che facevano riferimento al numero di imprese associate, al numero di sedi presenti nel territorio, al numero dei contratti collettivi sottoscritti; tutti parametri quantitativi che aprivano la strada al riconoscimento di associazioni non rappresentative firmatarie delle centinaia di contratti pirata depositati presso l’archivio del Cnel. Le associazioni datoriali facevano riferimento nella stessa lettera a criteri “qualitativi” che però non sono stati presi in considerazione nel testo finale. Che anche sull’altro nodo, ovvero le norme sull’equivalenza dei contratti, viene incontro ad alcune richieste delle parti sociali, perché negli appalti relativi all’edilizia contiene un riconoscimento dei codici Ateco dei contratti leader dell’edilizia siglati dalle associazioni più rappresentative. Nella valutazione di equivalenza delle tutele normative, tra i parametri, sono indicati gli obblighi di denuncia agli enti previdenziali, inclusa la cassa edile, assicurativi e antinfortunistici. Con decreto del ministero del Lavoro, di concerto con Infrastrutture e Trasporti da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore dell’allegato saranno adottate le linee guida per determinare l’attestazione dell’equivalenza delle tutele e degli scostamenti che possono essere considerati marginali dalle stazioni appaltati. Nel testo si considera non ammissibile uno scostamento che concerne, anche in via alternativa, i parametri che riguardano gli obblighi di denuncia agli enti previdenziali compresa cassa edile, la sanità integrativa e la formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, senza menzionare la previdenza complementare.

Fonte:SOLE24ORE