Sede alternativa per dipendente disabile
- 19 Dicembre 2024
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Il datore di lavoro non può licenziare il dipendente disabile che rifiuta di riprendere servizio in una sede di lavoro pregiudizievole rispetto alla propria condizione di handicap, senza prima verificare l’opzione di una differente soluzione organizzativa. Il datore non può imporre il rientro in servizio nella stessa sede, ma deve prima verificare lo spazio per «accomodamenti ragionevoli» che consentano al dipendente di riprendere il posto di lavoro in un’altra sede funzionale alle cure cui è sottoposto. A fronte di richiesta del lavoratore, in condizione di disabilità rilevante, di essere assegnato a una sede di lavoro più vicina per far fronte a esigenze di assistenza, il rifiuto datoriale di verificare l’applicazione di accomodamenti ragionevoli costituisce una discriminazione fondata sulla disabilità (Cassazione, ordinanza 30080/2024). Il caso sottoposto alla Suprema corte riguardava un lavoratore malato oncologico con handicap in situazione di gravità che, approssimandosi la scadenza del periodo di aspettativa non retribuita dopo il superamento del comporto, aveva richiesto il trasferimento a sedi più vicine per continuare la terapia oncologica. Il datore non aveva dato riscontro e, a fronte del rifiuto del dipendente a rientrare in servizio nella sede di competenza, lo aveva licenziato per assenza ingiustificata un mese dopo la scadenza dell’aspettativa. Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento sul presupposto, tra l’altro, che la condotta datoriale si poneva in violazione dei diritti delle persone con disabilità. Nei due gradi di merito le domande del dipendente sono state respinte, ma è di diverso avviso la Cassazione per cui il rifiuto di approntare gli accomodamenti ragionevoli costituisce atto discriminatorio affetto da nullità. La Cassazione ha quindi rinviato alla Corte d’appello di Firenze per la decisione della controversia. Richiamandosi al diritto sovranazionale, la Suprema corte osserva che gli accomodamenti ragionevoli sono relativi alle modifiche e agli adattamenti sul piano organizzativo che «non impongono un onere sproporzionato o eccessivo», ovvero che non sono forieri di un «onere finanziario sproporzionato». Entro questi limiti, al datore di lavoro è richiesto di valutare soluzioni ragionevoli che consentano al lavoratore disabile la prosecuzione del rapporto in una nuova e diversa sede di lavoro. La pronuncia è da accogliere con grande attenzione, perché costituisce estensione del meccanismo degli «accomodamenti ragionevoli», applicato in ipotesi quali il licenziamento per superamento del comporto e per inidoneità sopravvenuta, alla fattispecie del trasferimento di sede.
Fonte: SOLE24ORE