Valorizzazione beni ceduti ai dipendenti

Valorizzazione beni ceduti ai dipendenti

  • 5 Dicembre 2024
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Compensi in natura prodotti dal datore di lavoro e concessi ai lavoratori quantificabili con maggior certezza ai fini fiscali. Il decreto legislativo Irpef-Ires, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri il 3 dicembre, prevede nuove regole di determinazione dell’imponibile del fringe benefit concesso dal datore di lavoro. In relazione ai redditi da lavoro, l’articolo 51 del Tuir prevede una particolare disciplina a favore dei benefit concessi al dipendente. Il comma 3 stabilisce che sono fiscalmente rilevanti i beni ceduti e i servizi prestati al dipendente, al coniuge o ai familiari di cui all’articolo 12 dello stesso Dpr 917/1986. I beni e i servizi possono essere concessi dal datore di lavoro o da terzi e sono esenti fino al limite di 258,23 euro, superato il quale l’intero importo dovrà essere tassato (con il decreto, a distanza di oltre 20 anni dall’ingresso dell’euro, viene finalmente superato il riferimento a «lire 500.000»). Per il 2024, tale limite può arrivare a mille euro, o duemila euro per i dipendenti con figli a carico (misura quest’ultima che risulta prorogata per il 2025 dal ddl Bilancio attualmente in discussione). Ha rilevanza fiscale il valore «normale» del bene. Per valore normale deve intendersi il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione. Per la determinazione del valore si può far riferimento ai listini o alle tariffe di chi ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle Camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Una particolare quantificazione è prevista per i beni prodotti dall’azienda. E qui abbiamo la novità. La disposizione attualmente vigente prevede che il valore normale dei generi in natura prodotti dall’azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista. Dal 2025, in virtù di quanto previsto dal decreto, è previsto che il valore dei beni e servizi, alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività del datore di lavoro e ceduti ai dipendenti, è determinato in base al prezzo mediamente praticato nel medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi a favore del lavoratore o, in mancanza, in base al costo sostenuto dal datore di lavoro. La modifica è particolarmente rilevante. Innanzitutto, si prendono in considerazione sia i beni prodotti sia i servizi oggetto di attività imprenditoriale del datore di lavoro. Inoltre, la valutazione dell’imponibilità fiscale dovrà necessariamente tener conto del prezzo mediamente praticato dal datore di lavoro nel medesimo stadio di commercializzazione. Si perde il riferimento, non sempre applicabile, del prezzo praticato al grossista. Infine, in assenza dei parametri sopra indicati, potrà essere preso a riferimento il costo sostenuto dal datore di lavoro. Tale ultimo criterio sembra particolarmente favorevole laddove il bene concesso sia in fase di sviluppo o non sia stato ancora commercializzato.


Fonte: SOLE24ORE