Modifiche fiscali del fringe benefit

Modifiche fiscali del fringe benefit

  • 4 Dicembre 2024
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La misura prevista nella legge di Bilancio (articolo 7 del Ddl) sul fringe benefit per l’uso delle auto aziendali rischia di rappresentare un vero e proprio autogol da parte dell’Esecutivo dal punto di vista fiscale, ambientale e per l’industria automotive. La norma, così come prevista oggi, contempla la sostituzione del criterio collegato alle emissioni di Co₂ con quello basato sulla tipologia di alimentazione del veicolo e rivede i coefficienti di calcolo del valore imponibile del benefit, riducendoli per le vetture elettriche e ibride plug-in e prevedendo nel contempo un forte aumento per tutte le altre alimentazioni. Lo scopo della misura è condivisibile: incentivare l’acquisto di auto aziendali elettriche e plug-in, oggi pari al 10 per cento. Negli effetti pratici, tuttavia, si tasseranno di più i modelli endotermici fino a 160 g/CO2 (nonché quelli a metano/Gpl), che rappresentano l’85% delle vetture noleggiate. E, come paradosso, si potrà anche verificare un vantaggio per gli utilizzatori di auto con alte emissioni di anidride carbonica. Si tratta di un incremento di tassazione (per la maggior parte della platea di utilizzatori) superiore al 70%, che rischia di frenare notevolmente l’acquisto e il noleggio di nuovi veicoli aziendali. Per le aziende e i dipendenti che non possono accedere a veicoli ecologici agevolati, l’aumento della tassazione e dei contributi comporterà significativi maggiori oneri; si determinerà, quindi, un vero e proprio effetto regressivo sulla tassazione dei lavoratori dipendenti, proprio quelli che il governo vorrebbe agevolare con la riduzione del cuneo fiscale.  Prendendo in considerazione i veicoli aziendali più noleggiati, si prevede un aumento annuo del valore del benefit (e quindi una contrazione della busta paga) tra i 1.100 e 1.800 euro. Un aumento di valore assoggettabile a Irpef che influirà sulle scelte aziendali, rendendo preferibile il mantenimento delle vetture già assegnate (non soggette alla nuova normativa), ritardando l’acquisto e, nel caso del noleggio, prorogando i contratti in essere. In conseguenza di tale dinamica prevediamo una riduzione, solo nel 2025, di almeno il 30% delle immatricolazioni di autovetture a uso noleggio lungo termine (circa 45.000 unità) e il 20% degli acquisti da parte di società (circa 15.000 unità), con stimabili minori entrate per l’Erario e gli Enti locali pari a 105 milioni di euro nel 2025. Ogni giorno 95.000 aziende di ogni dimensione e comparto utilizzano per le necessità di mobilità e trasporto i servizi di noleggio veicoli a lungo termine. Una formula che svolge anche una funzione di promozione della correttezza fiscale, contribuendo all’emersione del sommerso e garantendo allo Stato e alle Pa locali un flusso costante di entrate tributarie. Nel corso degli ultimi anni il settore del noleggio a lungo termine (il 22% del mercato nazionale) ha avuto un ruolo strategico nel velocizzare il rinnovo del parco circolante e nel rendere disponibili sul mercato dell’usato vetture con minori emissioni e un maggiore livello di sicurezza. Aumentare una tassazione dell’auto aziendale, già pesante e farraginosa, significa da un lato colpire un settore completamente fiscalizzato e che favorisce il rinnovo del parco circolante e, dall’altro, non considerare il ruolo primario svolto dal noleggio per la transizione ecologica della mobilità nazionale. Senza contare che in questo modo si riduce di molto il potenziale di un segmento di mercato fondamentale per l’industria automotive. Per questi motivi riteniamo necessaria una rivisitazione della misura, stabilendo un aumento dilazionato e che non penalizzi l’attuale circolante, evitando incoerenti ricadute ambientali, sul mercato automotive, che in questi anni di crisi vede nell’auto aziendale un vero pilastro (circa il 40% delle immatricolazioni) e sull’Erario.


Fonte: SOLE24ORE