Per determinare la residenza fiscale dei lavoratori in modalità agile, dal 2024 assume rilievo anche la presenza fisica sul territorio nazionale che si protrae per più di metà anno. È uno dei passaggi che emerge dalla circolare 20/E/2024 dell’agenzia delle Entrate che dedica una sezione specifica agli impatti che la nuova norma sulla residenza fiscale esplica sui soggetti che svolgono il lavoro in smart working in contesti internazionali. In apertura della circolare l’Agenzia delle entrate ricorda come, tra le finalità del progetto di revisione della disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche contenute nella legge delega 111/2023, vi fosse anche quella di valutare «la possibilità di adeguarla all’esecuzione della prestazione lavorativa in modalità agile». Effettivamente la nuova formulazione dell’articolo 2, comma 2 del Tuir non contiene previsioni specifiche per i lavoratori agili e, in sintesi, si è concretizzata in una modifica che, rispetto alle tre condizioni previgenti (iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, domicilio e residenza in base al Codice civile), dal 2024 prevede:
- una nozione fiscale di domicilio, autonoma rispetto alla definizione civilistica, in cui viene privilegiata la sfera delle relazioni personali e familiari rispetto a quelle prettamente economiche;
- un’attenuazione del requisito riguardante l’iscrizione anagrafica, di cui viene mitigata la valenza presuntiva assoluta, «a favore di un approccio sostanziale…lasciando al contribuente la possibilità di dimostrare che il dato formale è disatteso da una differente situazione fattuale»;
- un ulteriore requisito riguardante la presenza fisica nel territorio dello Stato, anche per frazioni di giorno.
Proprio in relazione a tale ultimo criterio di collegamento, l’Agenzia si concentra sugli effetti che ne possono derivare in casi di lavoratori che prestano da remoto l’attività in Italia o di quelli che la svolgono dall’estero. Sul punto si ricorda che il tema dei rapporti tra residenza fiscale e smart working è già stato oggetto di analisi nella circolare 25/2023, nella quale era stato evidenziato che le disposizioni all’epoca vigenti conducevano a considerare fiscalmente residenti in Italia i lavoratori che, svolgendo attività da remoto, integravano per la maggior parte del periodo di imposta almeno uno dei criteri previsti (iscrizione anagrafica, residenza e domicilio secondo il Codice civile). Con il nuovo requisito della presenza fisica, previsto nel nuovo articolo 2, comma 2, del Tuir, «la permanenza in Italia del lavoratore in smart working per 183 (o 184, in caso di anno bisestile) giorni determina, di per sé, la residenza fiscale nel nostro Paese». Nell’ipotesi di lavoratori agili che svolgano l’attività dall’estero ove risultano fisicamente presenti per almeno 183 giorni all’anno (o 184 nel caso di anni bisestili), occorrerà verificare se gli stessi «soddisfino per la maggior parte del periodo d’imposta almeno uno degli altri tre criteri di collegamento individuati dall’articolo 2, comma 2, del Tuir, come modificato dal decreto, ossia mantengano la loro residenza civilistica o il loro domicilio in Italia, ovvero risultino iscritti nell’anagrafe della popolazione residente». L’Agenzia evidenzia, infine, che i lavoratori agili che si qualificano fiscalmente residenti dovranno tassare i redditi ovunque prodotti (cosiddetto world wide taxation principle), fatta salva l’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni che potrebbero determinare una diversa ripartizione della potestà impositiva tra l’Italia e l’altro Stato contraente.
Fonte: SOLE24ORE