Stabilizzazioni, precedenza comunicabile in anticipo
- 21 Novembre 2024
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Il diritto di precedenza dei lavoratori a tempo determinato nelle future assunzioni a tempo indeterminato è un istituto molto difficile da gestire, sul piano concreto, per via delle diverse sfumature interpretative che la legge, nell’affermare il principio in termini esclusivamente generali, ha omesso di chiarire, lasciando agli operatori il difficile compito di fare delle scelte. Una criticità interpretativa riportata al centro dell’attenzione dalla sentenza della Corte di cassazione 19348/2024 depositata lo scorso mese di luglio, con la quale i giudici di legittimità hanno chiarito che non è necessario attendere la fine del rapporto a termine per manifestare la volontà di esercitare del diritto: questa facoltà può essere validamente esercitata già durante il periodo di svolgimento del rapporto di lavoro. Una vicenda che dimostra quanto anticipato prima: la disciplina del diritto di precedenza è ricca di implicazioni pratiche che il legislatore non ha chiarito. La norma che regola l’istituto – articolo 5 del Dlgs 368/2001, poi confluita nell’articolo 26 del Dlgs 81/2015 – fissa un principio molto invasivo: fatte salve diverse previsioni dei contratti collettivi, il lavoratore che ha lavorato per un periodo superiore a sei mesi (anche come somma di periodi diversi) ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già svolte (un principio analogo vale per le attività stagionali). Si tratta di un principio invasivo in quanto parte da un presupposto che nella realtà quotidiana non esiste: quello della piena fungibilità delle persone. Tra le tante domande che la norma lascia inevase, la principale si lega ai criteri da utilizzare per consentire l’esercizio del diritto: come gestire l’eventuale diritto di precedenza formulato da lavoratori con la stessa anzianità e le stesse competenze, se il posto di lavoro da ricoprire è solo uno? Un altro aspetto critico, come dimostra la sentenza della Cassazione prima ricordata, riguarda le modalità di concreto esercizio del diritto. Non sono previste forme specifiche per l’invio della comunicazione, ma è chiaro che un’ampia libertà di scelta può generare incertezze applicative: da questo punto di vista, gli accordi collettivi sono la sede privilegiata per definire modalità certe e indiscutibili di esercizio del diritto. La legge prevede, inoltre, che il diritto può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (i termine si riduce a tre mesi per il lavoro stagionale): una volontà che però si esercita al buio, in quanto può riguardare posti di lavoro che ancora non esistono, visto che la legge stabilisce l’estinzione del diritto solo una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto. Un margine di incertezza lo lascia anche quella parte della norma che obbliga i datori di lavoro a citare espressamente il diritto di precedenza nel contatto di lavoro: basta una citazione generica, un rinvio alla norma oppure serve una spiegazione dei contenuti? Una vaghezza che aleggia anche sul regime sanzionatorio. Con la conclusione che ci troviamo di fronte all’ennesimo istituto del lavoro il quale, pur essendo nato con le migliori intenzioni, svolge un ruolo di tutela molto limitato, risolvendosi nell’ennesimo pretesto per avviare contenziosi.
Fonte: SOLE24ORE