Sicurezza sul lavoro e procedimenti giudiziari paralleli
- 29 Ottobre 2024
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Un elettricista di una società rumena decedeva per elettrocuzione subita nel corso di un intervento su un traliccio a bassa tensione. Il competente Ispettorato del Lavoro rumeno riteneva che l'evento costituisse un "infortunio sul lavoro", e veniva quindi avviato un procedimento penale contro il responsabile della sicurezza per omicidio colposo e inosservanza delle norme di sicurezza sul lavoro. La società contestava la qualificazione dell'incidente, e il Tribunale superiore di Sibiu parzialmente annullava la decisione dell'Ispettorato, ai fini che interessano ritenendo che, nella vicenda esaminata, non si fosse in presenza di un infortunio sul lavoro. La Corte d'appello di Alba Iulia confermava tale sentenza, attribuendo così autorità di cosa giudicata alla statuizione amministrativa. Nel procedimento penale, veniva chiesta la condanna del responsabile della sicurezza della società, ma il Tribunale di primo grado di Rupea assolveva quest'ultimo, sul presupposto che vi fossero incertezze circa gli effettivi ordini di lavoro impartiti alla vittima e che l'incidente era avvenuto dopo l'orario di lavoro. La procura e gli aventi causa della vittima hanno da ultimo impugnato la decisione. Il giudice del rinvio, richiamando la giurisprudenza della Corte costituzionale rumena, ha osservato che la decisione amministrativa definitiva di cui sopra, nel frattempo intervenuta, vincolava il giudice penale in merito all'accertamento della sussistenza o meno di un “infortunio sul lavoro”. Di conseguenza, il giudice rumeno ha chiesto alla CGUE di stabilire se il diritto dell'Unione osti a tale normativa nazionale e se i giudici nazionali possano disapplicare le decisioni della Corte costituzionale in contrasto con il diritto dell'Unione. La prima questione sollevata dal giudice nazionale riguardava l'interpretazione della direttiva 89/391(concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro) e dell'articolo 31 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE (condizioni di lavoro giuste ed eque). Si chiedeva in particolare se queste norme ostino a una legislazione nazionale che attribuisce autorità di cosa giudicata a una decisione amministrativa che non qualifica un evento come "infortunio sul lavoro", impedendo al giudice penale di riesaminare la questione, anche se gli eredi della vittima non sono stati ascoltati nel procedimento amministrativo. La CGUE, in proposito, ha ricordato che la direttiva impone ai datori di lavoro l'obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori, ma non armonizza le procedure per la responsabilità del datore di lavoro, che restano dunque di competenza degli Stati membri. Tuttavia, la normativa nazionale deve rispettare il principio di effettività e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, che include il diritto di essere ascoltati. Se gli eredi non sono stati coinvolti, come avvenuto nella fattispecie, la normativa nazionale potrebbe violare tale diritto. Di conseguenza, la CGUE ha dichiarato che i principi UE ostano a una normativa che impedisce al giudice penale di riesaminare la qualificazione dell'evento senza il coinvolgimento delle parti civili. La seconda questione riguardava il principio del primato del diritto dell'Unione. Il giudice rumeno chiedeva se tale principio osti a una normativa che vincola i magistrati ordinari alle decisioni della Corte costituzionale nazionale, impedendo loro di disapplicare tali decisioni anche se in contrasto con il diritto dell'Unione. La CGUE ha ribadito che, in base al principio del primato, i giudici nazionali devono garantire la piena applicazione del diritto dell'Unione, disapplicando qualsiasi norma nazionale, incluse le decisioni della Corte costituzionale, in conflitto con il diritto dell'Unione. Altresì, viene evidenziato che i giudici non possono essere soggetti a sanzioni disciplinari per aver disapplicato tali norme, tranne in casi eccezionali di gravi violazioni. In sintesi, la CGUE ha concluso che la normativa rumena, la quale limita il riesame giudiziario delle decisioni amministrative e vincola i giudici nazionali alle decisioni della Corte costituzionale, è in contrasto con il diritto dell'Unione e deve essere disapplicata. La CGUE ha quindi rinviato la questione al giudice nazionale, il quale dovrà applicare l'interpretazione fornita dalla stessa e risolvere la controversia conformemente ai principi del diritto dell'Unione Europea.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL