Legittimo il licenziamento comunicato mediante il portale cloud

Legittimo il licenziamento comunicato mediante il portale cloud

  • 28 Ottobre 2024
  • Pubblicazioni
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza 2 settembre 2024 n. 647, ha confermato la legittimità di un licenziamento comunicato al dipendente mediante il portale cloud utilizzato dall’azienda per le normali comunicazioni aziendali. Le aziende, per non incorrere in rischi di contenzioso, dovranno però prestare attenzione alla tracciabilità del messaggio. Alcuni anni fa, avevano suscitato discreto interesse due sentenze emesse dal Tribunale di Catania e dalla Corte d'Appello di Firenze (Tribunale di Catania 27.6.2017; Corte d'Appello di Firenze 5 luglio 2016) che, a distanza di circa un anno l'una dall'altra, avevano dichiarato validi ed efficaci due licenziamenti comunicati rispettivamente mediante whatsapp e sms, sul presupposto della riconducibilità di questi canali telematici alle forme e alle modalità previste dall'art. 2 della legge 604/1966 ove si stabilisce che “Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato”. Sempre nel 2017 la Corte di Cassazione aveva dichiarato legittimo un licenziamento comunicato via email, spiegando che il requisito della comunicazione per iscritto del licenziamento ben può ritenersi assolto “con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità, pertanto, anche mediante invio di una e-mail” (Cass. 29753/2017). Queste tre sentenze, pur apparentemente innovative, non aggiungevano in verità granché rispetto all'orientamento prevalente della giurisprudenza di legittimità che, in diverse occasioni, già si era espressa in termini piuttosto coraggiosi circa la possibilità di ammettere il ricorso a forme di comunicazione alternative a quelle legali. Ad esempio, la Corte di Cassazione aveva chiarito che la volontà di licenziare può essere comunicata al lavoratore persino in forma indiretta, purché inequivoca, chiara e facilmente intellegibile, in modo da rendere conoscibile al destinatario, senza dubbi e incertezze, l'intenzione del dichiarante di estinguere il rapporto; sulla scia di questi principi è stato ritenuto sufficiente l'invio al lavoratore di copia della comunicazione datoriale del licenziamento inoltrata agli enti pubblici competenti, invio che assumerebbe forma scritta e costituirebbe inequivocabile manifestazione della volontà del lavoratore (Cass. 12529/2002; Cass. 11310/1997); così come la consegna al lavoratore del libretto di lavoro recante la dichiarazione di cessazione del rapporto di lavoro (Cass. 6447/2009; Cass. 17652/2007; App. Torino 19.7.2005), al pari del resto della consegna al lavoratore dell'atto scritto di liquidazione delle spettanze di fine rapporto (Cass. 6900/1995). Il caso deciso dalla sentenza in commento si inserisce nel solco di questo orientamento giurisprudenziale che potremmo ormai definire consolidato: il licenziamento – preceduto dall'avvio di un regolare procedimento disciplinare – era stato comunicato al dipendente tramite l'applicativo informativo utilizzato dall'azienda per le comunicazioni interne con il personale, denominato “Dipendenti in Cloud”. Due sono le argomentazioni che hanno indotto la Corte milanese a confermare la validità e l'efficacia del licenziamento: a) innanzitutto, l'esame dei testimoni aveva consentito di appurare che la tecnologia “cloud” utilizzata dall'azienda era in grado di garantire la tracciabilità delle comunicazioni intercorse con i lavoratori, in quanto non solo consentiva di verificare se il dipendente aveva effettivamente visionato il documento, ma riportava anche l'orario esatto in cui il documento era stato visualizzato; b) in aggiunta a ciò, la Corte ha pure evidenziato che era stato lo stesso dipendente a confermare l'effettiva ricezione della lettera di licenziamento nel corso di uno scambio di messaggi con un collega addetto all'area amministrativa della società. Alla luce di queste evidenze, la sentenza ha ritenuto di poter affermare non solo che la comunicazione scritta di licenziamento era stata trasmessa ed era entrata nella “…sfera di conoscibilità del destinatario…”, ma anche che quest'ultimo l'aveva effettivamente letta. Il riferimento al concetto di “sfera di conoscibilità del destinatario” offre lo spunto per una riflessione circa l'applicabilità – anche al licenziamento – dei principi fissati dall'art. 1335 del Codice Civile in tema di atti unilaterali recettizi, secondo i quali una comunicazione si intende conosciuta dal destinatario nel momento in cui essa giunge “all'indirizzo” del destinatario. La giurisprudenza infatti ha ormai più volte ribadito che la nozione di "indirizzo" non è limitata alla residenza, alla dimora o al domicilio, ma comprende qualunque luogo che per collegamento ordinario o per una normale frequenza risulti in concreto nella sfera di controllo o di dominio del destinatario e dunque appaia in concreto idoneo a consentirgli la ricezione dell'atto e la possibilità di conoscenza del relativo contenuto (Cass. 25305/2015; Cass. 15696/2000). Le indicazioni del Decreto Trasparenza sulla utilizzabilità di canali di comunicazione elettronici. Va ricordato, tra l'altro, che un decisivo passo in avanti verso lo sdoganamento delle forme di comunicazione elettronica sul luogo di lavoro è stato prodotto anche dal Decreto Trasparenza, che, come è noto, ha legittimato la trasmissione dei contratti di lavoro in formato elettronico, dichiarandoli validi ai fini dell'adempimento agli obblighi informativi del datore di lavoro (secondo l'art. 3, D.Lgs. 104/2022, “il datore di lavoro comunica a ciascun lavoratore in modo chiaro e trasparente le informazioni previste dal presente decreto in formato cartaceo oppure elettronico”). Come è stato chiarito dall'Ispettorato Nazionale del Lavoro, la trasmissione elettronica può avvenire mediante “…email personale comunicata dal lavoratore, e-mail aziendale messa a disposizione dal datore di lavoratore, messa a disposizione sulla rete intranet aziendale dei relativi documenti tramite consegna di password personale al lavoratore ecc.)”, a patto che che ne sia garantita la tracciabilità e la conversazione (INL, Circolare n. 4 del 2022). Insomma, l'evoluzione giurisprudenziale, corroborata dalla prassi, conferma l'astratta utilizzabilità dei canali di comunicazione elettronica sui luoghi di lavoro, ma al contempo rimarca l'importanza connessa al requisito della tracciabilità delle comunicazioni, in mancanza della quale potrebbe non essere facile invocare la presunzione di conoscenza (o di conoscibilità) prevista dall'art. 1335 del Codice Civile per gli atti unilaterali recettizi, ossia dimostrare l'effettivo ingresso della comunicazione nella sfera di conoscibilità del destinatario

Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL