Furto rilevato con videosorveglianza

Furto rilevato con videosorveglianza

  • 28 Ottobre 2024
  • Pubblicazioni
L'ordinanza della Corte di Cassazione n. 23985 del 6 settembre 2024 mette di nuovo in chiaro le condizioni attraverso le quali è possibile utilizzare – anche per fini disciplinari – i sistemi di videosorveglianza. L'art.4 dello Statuto dei Lavoratori, così come modificato dall'art. 23 D.lgs. 151/2015 (il c.d. Jobs Act), consente infatti l'utilizzo di telecamere anche ai fini del controllo del lavoratore, purché le stesse siano state installate con un accordo sindacale. La Corte d'Appello di Messina, nell'ambito di un licenziamento irrogato ad un cassiere di un'azienda di trasporti, in riforma della pronuncia di primo grado, confermava la legittimità del provvedimento, sulla base del fatto che, come dimostrato da un filmato in dvd depositato dall'azienda sin dalla fase sommaria del giudizio di primo grado, il dipendente non consegnava ai clienti il resto dovuto, senza registrare l'esubero di cassa. Cassazione rigetta il ricorso del dipendente e conferma il licenziamento, condannando il ricorrente anche al pagamento delle spese di giudizio. Di fronte alle obiezioni del ricorrente, in prima battuta, i giudici di Cassazione ricordano che la fattispecie concreta si colloca nell'ambito di applicazione del comma 1 dell'art.4 dello Statuto dei lavoratori, trattandosi di impianto visivo, dal quale “derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori”, installato “previo accordo collettivo” sottoscritto con le organizzazioni sindacali, dichiaratamente “per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale”.   Altra cosa ancora, proseguono i giudici, è la tematica relativa ai c.d. “controlli difensivi in senso stretto”, che si trovano “all'esterno del perimetro applicativo dell'art.4” (cfr. Cassazione n. 18168 del 2023). Dopo aver ricordato che la giurisprudenza ha sempre considerato la tutela del patrimonio aziendale in una accezione estesa ( non solo quindi il complesso dei beni aziendali ma anche l'immagine aziendale, il regolare funzionamento della sicurezza degli impianti, un potenziale illecito penale), il Collegio giudica che “lo strumento tecnologico di ripresa della biglietteria, …installato in modalità non occulte perché autorizzato dall'accordo sindacale, per tutelare il patrimonio aziendale in senso ampio….” è consentito dalle previsioni di legge, anche per il controllo a distanza dei lavoratori. Superato lo scoglio dell'utilizzo o meno del sistema di videosorveglianza, i magistrati accertano che le telecamere installate garantivano la riservatezza e la dignità del lavoratore, inquadrando solo lo scambio fra denaro e titolo di viaggio, ed infine che venisse rispettato il termine dei sette giorni per la conservazione delle immagini, nel rispetto del codice privacy. I fatti contestati – chiudono i giudici - ledono in modo irrimediabile il rapporto di fiducia con il datore di lavoro, considerato peraltro anche che il lavoratore percepiva l'indennità di maneggio denaro per lo svolgimento delle sue mansioni. Il discrimine tra liceità o meno dell'utilizzo delle telecamere -  ai fini del controllo dei dipendenti - è sostanzialmente dato quindi dalla presenza di un accordo sindacale che disciplini e “permetta” l'utilizzo dei sistemi audiovisivi. Se l'accordo sindacale non esiste, l'eventuale contestazione disciplinare ed il relativo provvedimento sarà nullo. In tal senso, si veda per esempio il parere del ben articolato Provvedimento n. 234 dell'11 aprile 2024 dell'Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Il Garante si esprime su una contestazione disciplinare irrogata da un Comune ad una lavoratrice che non rispettava l'orario di lavoro: all'esito dell'istruttoria, essendo emerso il non rispetto dell'art.4 dello Statuto, e richiamando anche la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo, la quale evidenzia che la videosorveglianza nei contesti lavorativi, se non rispettosa delle garanzie previste dalla legge nazionale, costituisce un'interferenza illecita nella vita privata del dipendente, l'Autorità dichiarava l'illiceità del comportamento del datore di lavoro. E se il sindacato non volesse firmare l'accordo? L'art.4 dello Statuto si occupa anche di questa fattispecie: in mancanza di un'intesa sindacale, la legge prevede che gli impianti possano essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del Lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell'Ispettorato.


Fonte: QUOTIDIANO PIIU' - GFL