Orario di lavoro rilevabile con lo smartphone
- 28 Ottobre 2024
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Il datore di lavoro può sostituire il sistema analogico di controllo dei turni di lavoro e introdurre, anche limitatamente ad alcuni cantieri, strumenti software, applicazioni e dispositivi elettronici per rilevare le presenze, se questo modello consente di «facilitare la timbratura» da parte dei lavoratori. Il potere datoriale di organizzare il lavoro e di impartire le direttive ai dipendenti si esprime anche rispetto al meccanismo più funzionale alle esigenze aziendali per la rilevazione delle presenze in entrata, a inizio turno, e in uscita, al termine dell’orario di servizio. I lavoratori hanno il correlativo obbligo di attestare l’orario di ingresso e di uscita con le nuove modalità impartite dal datore di lavoro, anche se il modello utilizzato, consistendo nell’accostamento del badge personale agli smartphone aziendali sui quali è stata installata un’apposita applicazione, risulta più invasivo rispetto al trattamento dei dati personali. A queste conclusioni è pervenuto il Tribunale del lavoro di Trento (sentenza del 16 luglio 2024) nella causa promossa da un datore di lavoro – impresa attiva nei servizi tecnologici di manutenzione impianti – per fare accertare la legittimità del licenziamento per giusta causa irrogato alla dipendente – operaia elettricista – che si è rifiutata di timbrare l’orario di entrata e di uscita accostando il badge agli smartphone aziendali posizionati in apposite aree del cantiere. Sugli smartphone era stata installata un’applicazione che consentiva di visualizzare la data e l’ora in cui era avvenuto l’accostamento del badge, a sua volta provvisto di adesivo con tag Nfc di trasferimento dati, unitamente al codice del lavoratore. La dipendente si è rifiutata di seguire il nuovo modello di rilevazione e ha continuato ad annotare i propri turni su moduli cartacei, sostenendo che il datore di lavoro non avesse adottato le misure prescritte dal regolamento Ue 2016/679 sul trattamento dei dati personali (tra cui l’informativa ai lavoratori, l’indicazione del responsabile del trattamento e la valutazione d’impatto). Inoltre, ad avviso della lavoratrice, l’applicativo installato sugli smartphone consentiva trattamenti ulteriori rispetto alla mera rilevazione dei turni di inizio e fine lavoro. Il giudice ha accertato in giudizio che le contestazioni non avevano essenzialmente fondamento, precisando che, quand’anche il datore si fosse reso responsabile di inadempimenti in tale ambito, non era emerso alcuno specifico pregiudizio a carico della dipendente. Sulla scorta di questi rilievi, il giudice di Trento ha confermato il licenziamento, evidenziando che il rifiuto della lavoratrice di uniformarsi alla rilevazione delle presenze adottate dal datore non costituiva una legittima forma di autotutela. Il sistema informatizzato di rilevazione delle presenze tramite l’accostamento del badge allo smartphone restituiva, infatti, dati più oggettivi e attendibili, qualificando l’interesse datoriale all’uso di questo modello più avanzato rispetto a una rilevazione meramente analogica. In questo passaggio risiede l’elemento dirimente della decisione, perché conferma che la rilevazione delle presenze tramite modelli digitali avanzati, quand’anche essi impongano un ricorso più rigoroso alle misure di protezione dei dati personali, si giustifica alla luce della preminente esigenza aziendale di avere dati oggettivi sugli effettivi orari di lavoro dei dipendenti.
Fonte: SOLE24ORE