Svolgimento di altra attività durante la malattia: licenziamento

Svolgimento di altra attività durante la malattia: licenziamento

  • 13 Settembre 2024
  • Pubblicazioni
La Cassazione, con due diverse sentenze, giunge a conclusioni opposte nel giudicare il comportamento del lavoratore che svolge altra attività durante il periodo di malattia. Nel primo caso, relativo a un lavoratore che durante la malattia partecipa a un torneo di calcio, la Cassazione (ordinanza 23852 del 5 settembre 2024) conferma il licenziamento, mentre lo esclude nel secondo caso (ordinanza 23858 del 5 settembre 2024) relativo a una lavoratrice che durante la malattia va alla sala bingo e a fare la spesa. Per la Cassazione lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente durante lo stato di malattia può configurare la violazione degli specifici obblighi contrattuali, di diligenza e fedeltà, nonché dei doveri generali di correttezza e buonafede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, sia anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o al rientro in servizio. Nel nostro ordinamento, spiegano i giudici di legittimità, la nozione di malattia rilevante a fini di sospensione della prestazione lavorativa ricomprende le situazioni nelle quali l’infermità abbia determinato, per intrinseca gravità o per incidenza sulle mansioni normalmente svolte dal dipendente, una concreta e attuale, sebbene transitoria, incapacità al lavoro del medesimo, per cui, anche ove la malattia comprometta la possibilità di svolgere quella determinata attività oggetto del rapporto di lavoro, può comunque accadere che le residue capacità psicofisiche possano consentire al lavoratore altre e diverse attività. Nel caso del lavoratore che ha partecipato al torneo di calcio la Cassazione (23852) ricorda che la giurisprudenza ha precisato che il compimento di altre attività da parte del dipendente assente per malattia non è circostanza disciplinarmente irrilevante, ma può anche giustificare la sanzione del licenziamento in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, sia nell’ipotesi in cui la diversa attività accertata sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza dell’infermità addotta a giustificazione dell’assenza, dimostrando quindi una sua fraudolenta simulazione, sia quando l’attività stessa valutata in relazione alla natura ed alle caratteristiche della infermità denunciata e alle mansioni svolte nell’ambito del rapporto di lavoro sia tale da pregiudicare o ritardare anche potenzialmente la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore. La sentenza in commento ha ritenuto la condotta addebitata di tipo artificioso, in violazione degli obblighi di lealtà e correttezza, perché diretta tramite la simulazione di uno stato fisico incompatibile con lo svolgimento dell’attività lavorativa, non solo all’assenza dal lavoro, ma anche al vantaggio indebito della partecipazione in orario di lavoro a partita di calcio implicante uno sforzo fisico gravoso. Ne ha conseguito la conferma del licenziamento. Nel caso della lavoratrice recatasi durante la malattia alla sala bingo e a fare la spesa la Cassazione (23858) ricorda che secondo la giurisprudenza in materia di licenziamento disciplinare per svolgimento di altra attività durante l’assenza per malattia grava sul datore di lavoro la prova che la malattia simulata, ovvero che l’attività svolta nei giorni di assenza sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro al servizio; il lavoratore assente per malattia non per questo deve astenersi da ogni altra attività, quale in ipotesi un’attività ludica o di intrattenimento, anche espressione dei diritti della persona, purché compatibile con lo stato di malattia e in conformità all’obbligo di correttezza e buonafede di adottare le idonee cautele perché cessi lo stato di malattia. Nel caso in esame la Cassazione ha ritenuto carente la prova dell’incompatibilità tra la malattia dichiarata e l’attività ludica e non dimostrato che la lavoratrice si fosse assentata dal lavoro in malafede, simulando la malattia certificata. In questo caso, ne ha conseguito l’esclusione del licenziamento.


Fonte: SOLE24ORE