Le attività in malattia non pregiudicano il rientro

Le attività in malattia non pregiudicano il rientro

  • 12 Settembre 2024
  • Pubblicazioni
Illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore che, durante l’assenza per malattia a seguito di infortunio, svolge attività che non sono idonee a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio. Questo il principio elaborato dalla Cassazione (ordinanza 23747/2024) per confermare la legittimità della condotta di un lavoratore che nel periodo dal 24 dicembre 2018 al 1° gennaio 2019, pur essendo assente dal lavoro per infortunio (consistito nella distorsione di due dita della mano), aveva svolto attività lavorativa nel bar di sua proprietà. La società datrice di lavoro aveva licenziato per giusta causa il lavoratore dopo avere riscontrato - mediante l’apposizione di una telecamera sull’ingresso dell’esercizio commerciale – che questo aveva utilizzato la mano infortunata, sia per attività leggere (come, ad esempio, fumare o utilizzare il telefono cellulare), sia attività più pesanti (tra le quali il sollevamento di sedie e tavoli), mettendo così a rischio la propria guarigione e compromettendo in tal modo il suo rientro in servizio. A seguito dell’impugnazione del provvedimento di recesso da parte del lavoratore, i giudici di merito in entrambi i gradi di giudizio dichiaravano l’illegittimità del licenziamento per insussistenza del fatto, con ogni conseguenza reintegratoria e risarcitoria. In particolare, secondo la Corte d’appello di Catanzaro, seppur fosse onere del datore di lavoro dimostrare che l’attività svolta dal lavoratore era stata tale da mettere a rischio la sua piena guarigione e, quindi, compromettere l’interesse della società, nella maggior parte dei fotogrammi della telecamera utilizzata dalla società il lavoratore svolgeva attività del tutto prive di rilevanza, ad eccezione di soli quattro episodi (consistenti, in sintesi, nello spostamento di un tavolino a tre gambe e di alcune sedie di plastica e nel prelievo di scatole di cartone), i quali, tuttavia, erano avvenuti a distanza di circa sette mesi dall’infortunio e a pochi giorni dalla fine del periodo di inabilità. Su questi presupposti, la Corte territoriale riteneva dunque che tali episodi non fossero tali da incidere o pregiudicare la guarigione, e giudicava non provata la illiceità del comportamento del lavoratore. Facendo leva sui principi di diritto riscontrabili in alcuni precedenti (Cassazione 13063/2022) secondo cui, in materia di licenziamento disciplinare intimato per lo svolgimento di altra attività (lavorativa o extralavorativa) durante l’assenza per malattia del dipendente, grava sul datore di lavoro la prova che la malattia sia simulata o che l’attività svolta sia potenzialmente idonea a pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del dipendente medesimo, la Cassazione ha condiviso le statuizioni della Corte territoriale che, proprio sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, ha ritenuto irrilevante, per la sua inconsistenza, la condotta posta in essere dal lavoratore in relazione all’addebito di avere pregiudicato e/o ritardato la guarigione ed il rientro in servizio. Questo principio dimostra ancora una volta come sia sempre più difficile per i datori di lavoro adottare un approccio rigoroso al tema delle assenze per malattia.


Fonte: SOLE24ORE