È legittima la clausola inserita nel patto di non concorrenza che prevede come condizione indispensabile per percepire il corrispettivo la presentazione di documentazione utile a verificare il suo rispetto, entro i 15 giorni prima dei singoli periodi cui va riferito il corrispettivo. A stabilirlo è la Cassazione con l’ordinanza n. 21376 del 27 agosto 2024. Nel caso in esame, la Corte d'appello territorialmente competente, con propria sentenza giudicando in sede di rinvio a seguito di ordinanza della Corte di Cassazione, nel rigettare i motivi del ricorso incidentale e quelli del ricorso principale, aveva confermato la decisione di primo grado. Decisione questa con cui era stata respinta la domanda di una lavoratrice volta ad ottenere il riconoscimento da parte della società ex datrice di lavoro del diritto a ricevere il corrispettivo del patto di non concorrenza, risolto unilateralmente dal datore di lavoro. In particolare, il patto di non concorrenza prevedeva quale condizione indispensabile per percepire il corrispettivo di scadenza trimestrale, per i 24 mesi successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, la presentazione, entro 15 giorni prima della scadenza, della documentazione utile a verificare il rispetto del medesimo, pena la mancata corresponsione dell'indennizzo. Ad avviso della Corte distrettuale era incontroverso che la lavoratrice avesse avanzato le proprie pretese 2 anni e 4 mesi dopo la cessazione del rapporto di lavoro (con nota del 4 settembre 2013) con la conseguenza che al momento della trasmissione della documentazione utile il diritto ad ottenere i pagamenti trimestrali era irrimediabilmente perduto a causa del maturare del termine decadenziale. La lavoratrice decideva così di ricorrere in cassazione, affidandosi a tre motivi. La stessa, tra gli altri, eccepiva che la clausola contrattuale prevedeva solo che la produzione documentale fosse condizione indispensabile per percepire il corrispettivo e che la sua omessa presentazione avrebbe comportato il mancato indennizzo ma non qualsiasi perdita del diritto o decadenza per percepirlo. Al ricorso della lavoratrice resisteva la società con controricorso recante due motivi di ricorso incidentale. Entrambe le parti depositavano memorie. La Corte di Cassazione adita, innanzitutto, sottolinea che la lavoratrice, essendo terminato il rapporto di lavoro il 30 aprile 2011:
- aveva maturato il suo primo trimestre di pagamento del patto di non concorrenza a luglio 2011;
- per percepire il corrispettivo avrebbe dovuto presentare a giugno 2011 la documentazione necessaria per verificare il rispetto del patto stesso, pena il mancato indennizzo per ciascun periodo di tre mesi e così andando avanti fino alla scadenza dei 2 anni.
Non può, quindi, essere condivisa, ad avviso della Corte di Cassazione, la tesi della lavoratrice secondo cui:
- ella, dopo i 24 mesi previsti dal patto, avrebbe potuto iniziare a comprovare, ex novo, di aver diritto al compenso;
- la presentazione entro i 15 giorni prima del pagamento non sarebbe stata indispensabile, costituendo una mera facoltà opzionale a suo carico allo scopo di ricevere prima o dopo il corrispettivo.
Una simile interpretazione, ritiene la Corte di Cassazione, andrebbe a stravolgere il senso della clausola pattuita dalle parti che hanno voluto legare il pagamento del corrispettivo al rispetto di precisi riferimenti temporali (due anni, tre mesi, quindici giorni) la cui violazione porta a configurare, senza alcun dubbio, una disciplina decadenziale. Disciplina che può essere legale o convenzionale nonché desumersi in via interpretativa dalla funzione del termine medesimo. Per poter affermare la natura decadenziale di un termine, previsto dalla legge o da un negozio, è sufficiente che, in modo chiaro ed univoco, con riferimento allo scopo perseguito e alla funzione che il termine è destinato ad assolvere, risulti, anche implicitamente, che dalla sua mancata osservanza derivi la perdita del diritto. Nella fattispecie in esame, la natura decadenziale del termine si desume dalla struttura della clausola contrattuale che prevede come condizione indispensabile per percepire il corrispettivo trimestrale la presentazione di documentazione entro 15 giorni prima dei singoli periodi cui va riferito il corrispettivo nel termine massimo di 2 anni dalla fine del rapporto. La mancata presentazione della documentazione comporta la decadenza dal diritto a ricevere l'indennizzo e non semplicemente del diritto a riceverlo tempestivamente. Interpretandola diversamente, la clausola non avrebbe avuto alcun senso essendo ovvio che, senza i documenti necessari, il pagamento non sarebbe potuto mai avvenire. Poiché “è principio ermeneutico che ogni clausola deve essere interpretata secondo il significato che le consente di avere un senso nell'ambito della regolazione voluta dalle parti di un determinato contratto, se ne evince che, in quel contesto, il significato era quello di introdurre una decadenza contrattuale, trimestre per trimestre, per cui, in caso di mancata presentazione, restavano fermi i pagamenti già effettuati ma la lavoratrice decadeva dal diritto a vedersi riconoscere altri successivi emolumenti”. Con riferimento al ricorso incidentale proposto dalla società, la Corte di Cassazione evidenzia, tra le altre, che la Corte di Cassazione inizialmente adita aveva dichiarato nulla la clausola di recesso unilaterale in capo al datore di lavoro sull'assunto che “la previsione della risoluzione del patto di non concorrenza rimessa all'arbitrio del datore di lavoro concreta una clausola nulla per contrasto con norme imperative”. Premesso, quindi, che l'obbligazione di non concorrenza a carico del lavoratore per il periodo successivo alla cessazione del rapporto sorge, nella fattispecie, sin dall'inizio del rapporto di lavoro, va considerata come se non esistesse la successiva rinuncia al patto stesso. Ciò in quanto “si finisce per esercitare la clausola nulla, tramite cui la parte datoriale unilateralmente riteneva di potersi sciogliere dal patto, facendo cessare ex post gli effetti, invero già operativi, del patto stesso, in virtù di una condizione risolutiva affidata in effetti a mera discrezionalità di una sola parte contrattuale”. In considerazione di tutto quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione conclude per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale, compensando le spese del giudizio.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL