Al lavoratore, sebbene la percezione di un trattamento di invalidità già in godimento sia incompatibile con la percezione della ASpI, sostituita nel 2015 dalla NASpI, deve essere garantita la possibilità di scegliere il trattamento a lui più favorevole. A stabilirlo è la Cassazione con sentenza 9 agosto 2024 n. 23040. Nel caso in esame, la Corte d'appello aveva confermato la sentenza di primo grado di accoglimento del ricorso presentato da un lavoratore, titolare di un assegno di invalidità dal luglio 2013, che con domanda del 3 agosto 2015 aveva chiesto all'INPS di riconoscergli l'assicurazione sociale per l'impiego (ASpI). Domanda respinta il 4 settembre 2015 successivamente alla quale, il 10 settembre 2015, il lavoratore aveva dichiarato di optare per l'ASpI per il periodo di concessione e, ciononostante, il Comitato provinciale aveva rigettato il ricorso sull'assunto che lo stesso, all'atto della domanda, non aveva esercitato l'opzione sebbene fosse già titolare dell'assegno di invalidità. La Corte distrettuale, evidenziando che l'opzione era stata comunque esercitata dal lavoratore entro i 60 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro, aveva ribadito un suo precedente secondo il quale la circolare dell'Istituto non era vincolante e che in mancanza di una norma di legge nessuna decadenza poteva considerarsi operante. Sul punto, la Corte d'appello aveva, altresì, rammentato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 234/2011, aveva previsto la possibilità di optare tra i trattamenti concorrenti e che una decadenza non prevista avrebbe violato l'assetto designato dal legislatore. Ricorreva contro la pronuncia di merito l'INPS affidandosi ad un unico motivo. Nessuno si costituiva per il lavoratore e l'INPS depositava una sua memoria. L'art. 2 della Legge n. 92/2012 che disciplina gli ammortizzatori sociali, dispone
- al comma 1 l'istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2013, dell'Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI, sostituita con il D.Lgs. n. 22/2015 dalla NASpI, “Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego”) in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dalla medesima data e
- al comma 4 i requisiti per il riconoscimento dell'indennità ai lavoratori in stato di disoccupazione ossia che debbono far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l'inizio del periodo di disoccupazione.
A detta indennità “si applicano, per quanto non previsto dalla presente legge ed in quanto applicabili, le norme già operanti in materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola” (cfr. comma 24bis). Si decade dalla fruizione del trattamento - oltre che nelle ipotesi di perdita dello stato di disoccupazione, di mancata comunicazione dell'inizio di un'attività in forma autonoma e di raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato - in caso di “acquisizione del diritto all'assegno ordinario di invalidità, sempre che il lavoratore non opti per l'indennità erogata dall'ASpI” (cfr. comma 40). La decadenza “si realizza nel momento in cui si verifica l'evento che la determina, con obbligo di restituire l'indennità che eventualmente si sia continuato a percepire” (cfr. comma 41). Per effetto di quanto disposto dal comma 24 bis all'indennità in questione si applica la regola generale ex art. 6, comma 7, del D.L. 148/1993, conv. in legge dalla L. n. 236/1993 secondo cui:
- i lavoratori che fruiscono dell'assegno o della pensione di invalidità all'atto dell'iscrizione nelle liste di mobilità debbono optare tra tali trattamenti e quello di mobilità;
- qualora si sia optato per il trattamento di mobilità, l'assegno o la pensione di invalidità restano sospesi per il periodo di fruizione della mobilità o, in caso di sua corresponsione anticipata, per il periodo corrispondente all'ammontare della relativa anticipazione del trattamento di mobilità così come previsto dagli artt. 2, c. 5, e 12, c. 2, DL 299/94 conv. in legge 451/94.
Orbene, i trattamenti di disoccupazione sono incompatibili con i trattamenti pensionistici diretti a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, degli ordinamenti sostitutivi, esonerativi ed esclusivi dell'assicurazione medesima, nonché delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi. Tuttavia, l'assicurato ha il diritto di scegliere tra l'assegno ordinario di invalidità e l'indennità di disoccupazione per il periodo di disoccupazione indennizzato, ferma restando l'incumulabilità delle due prestazioni (cfr. circolare INPS n. 138/2011 a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 234/2011). La Corte di Cassazione, partendo proprio dal quadro legislativo sopra illustrato, sottolinea che all'assicurato, sebbene la percezione di un trattamento di invalidità già in godimento sia incompatibile con la erogazione della ASpI, deve essergli comunque garantita la possibilità di scegliere il trattamento a lui più favorevole. L'art. 12, comma 2, del D.L. n. 299/1994 conv. nella Legge 451/1994, il quale fissa un termine di 60 giorni per l'esercizio del diritto di opzione, rappresenta “una norma finale di chiusura della disciplina che interviene per regolamentare il passaggio da un regime ad un altro con riguardo a situazioni già esistenti alla data di entrata in vigore della legge”. Nessun termine di decadenza, invece, è previsto in via generale neppure dalla disciplina richiamata dal comma 24bis dell'art. 2 della L. 92/2012 che ha introdotto l'ASpI. Le norme che dettano una decadenza, sottolinea la Corte di Cassazione, sono di stretta interpretazione e non sono suscettibili di applicazione analogica. Il termine di decadenza (sia esso di 30 o di 60 giorni) non può essere introdotto ex art. 1287, comma 2, c.c. con una circolare che è un mero atto di interpretazione della normativa neppure vincolante. In questo contesto, la Corte di Cassazione richiama suoi precedenti secondo i quali il regime di non cumulabilità dei trattamenti di disoccupazione con i trattamenti pensionistici è stato temperato dalla facoltà di opzione introdotta dal comma 5, dell'art. 2 del D.L. n. 299/1994, alla luce del quale “all'atto dell'iscrizione nelle liste di mobilità, i lavoratori che fruiscono dell'assegno o della pensione di invalidità devono optare tra tali trattamenti e quelli di mobilità”. Tale norma non prevede espressamente quali siano le conseguenze in caso di mancato esercizio dell'opzione nel termine previsto per l'iscrizione nelle liste che si è ritenuto di poter ricavare dall'art. 1287, comma 2, c.c. Ai sensi di questa disposizione, nell'ipotesi di mancato esercizio della facoltà di scelta del creditore “nel termine stabilito” vi è la decadenza da detta facoltà che passa al debitore. E - sebbene non si possa avere nel caso di iscrizione nelle liste di mobilità alcun passaggio di scelta al debitore, trattandosi di obbligazioni pubbliche in cui il comportamento dell'Istituto è assoggettato alla volontà di legge - l'opzione tra i due trattamenti non potrebbe essere esercitata sempre ma dovrebbe intervenire all'atto di iscrizione nelle liste di mobilità, a pena di decadenza. Orbene, nel caso di specie, la coesistenza di due trattamenti previdenziali (ASpI e assegno ordinario di invalidità) non è consentita. Il diritto all'ASpI, per sua natura più limitato dell'assegno di invalidità, è rispetto a quest'ultimo recessivo. Pertanto, l'ASpI, se sono erogate entrambe le prestazioni, può essere legittimamente ripetuta dall'INPS in mancanza di opzione. Ciò non toglie che il lavoratore che abbia presentato domanda di ASpI e si sia visto rigettare la pretesa in via amministrativa può - senza che perciò si possa ritenere intervenuta una decadenza - in sede di ricorso amministrativo esercitare la sua opzione per quel trattamento. L'esercizio dell'opzione costituisce, in presenza della causa di decadenza dal diritto alla fruizione dell'indennità rappresentato dalla titolarità dell'assegno ordinario di invalidità (già in godimento o successivamente riconosciuto), una condizione di erogabilità della prestazione cui si collega anche il diritto alla ripetizione delle somme eventualmente erogate indebitamente in mancanza di scelta da parte dell'interessato. Il tardato esercizio dell'opzione comporta, ai sensi del comma 41 dell'art. 2 della L. n. 92/2012, la possibilità di ripetere dall'assicurato le somme eventualmente indebitamente erogate a titolo di ASpI, nel concorso dell'assegno ordinario di invalidità, ma non può escludere che lo stesso possa anche tardivamente optare per l'erogazione dell'indennità. In considerazione di tutto quanto sopra esposto, la Corte di Cassazione conclude per il rigetto del ricorso, con esonero dal provvedere alle spese del giudizio essendosi il lavoratore non costituito.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL