I tempi di vestizione in ambito infermieristico danno diritto alla retribuzione, trattandosi, per quanto attiene alla vestizione/svestizione, di obblighi imposti dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene. Lo ha ribadito la Cassazione, sezione lavoro, con ordinanza 20787 del 25 luglio 2024, fornendo ulteriori interessanti precisazioni. I giudici del merito avevano accolto le domande di pagamento dei tempi di vestizione (cosiddetti tempi tuta) proposte da vari operatori sanitari; in particolare la Corte territoriale aveva ritenuto che, in linea di principio, dovendo gli operatori sanitari indossare la divisa presso la sede di lavoro per ragioni di igiene, i tempi necessari a tal fine fossero tempi di lavoro; i 15 minuti “in uscita” riconosciuti, dal Ccnl 2026-2018, per la presa in carico e la continuità assistenziale, per la Corte d’appello, erano da intendere come riguardanti anche la vestizione e svestizione; tale tesi è stata argomentata anche sulla base di quanto analogamente poi disposto dal Ccnl sopravvenuto. La Cassazione, come anticipato, nella sentenza in commento, ribadisce, quanto ai tempi tuta in ambito infermieristico, che essi danno diritto alla retribuzione, trattandosi, per quanto attiene alla vestizione/svestizione, di obblighi imposti dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene, riguardanti sia la gestione del servizio pubblico, sia la stessa incolumità del personale addetto; anche il cambio di consegne nel passaggio di turno «in quanto connesso, per le peculiarità del servizio sanitario, all’esigenza della presa in carico del paziente e ad assicurare a quest’ultimo la continuità terapeutica, è riferibile ai tempi di una diligente effettiva prestazione di lavoro, sicché va considerato, di per sé stesso, meritevole di ricompensa economica, quale espressione della regola deontologica, avente dignità giuridica, della continuità assistenziale». La Corte d’appello si è conformata a tali principi, in quanto ha affermato la remunerazione sia dei tempi di vestizione/svestizione, sia dei tempi di passaggio consegne; ma, nel fare ciò, ha considerato, per gli infermieri impegnati in turni in servizi di continuità assistenziale o in turni H 12 quindici minuti complessivi e comprensivi sia dei tempi di vestizione/svestizione, sia del cambio consegne. Per la Cassazione è legittima la loro regolazione unitaria in un unico tempo a forfait che li comprenda entrambi, anche perché si tratta di tempi tra loro contigui, reciprocamente interferenti e misurabili solo in via di approssimazione che è ragionevole possano essere ricomprese in un’unica misura onnicomprensiva. La Corte di legittimità affronta infine la questione dei lavoratori non turnisti, in settimana corta, con rientri pomeridiani; la Corte territoriale aveva escluso alcuni lavoratori dal diritto alla remunerazione del tempo tuta, ritenendo che non fossero obbligati a indossare o togliere la divisa necessariamente prima o dopo il turno di lavoro, a causa delle loro specifiche condizioni lavorative. Il ragionamento è stato considerato errato dalla Cassazione in quanto ciò che rileva è se il tempo di vestizione e svestizione sia stato effettivamente incluso e remunerato nell’orario di lavoro. La Corte d’appello dovrebbe quindi verificare concretamente se questi tempi sono stati inclusi nell’orario di lavoro dei lavoratori coinvolti e, in caso contrario, prevederne la remunerazione, indipendentemente dalle modalità di svolgimento del lavoro. In conclusione, per la Cassazione il diritto alla remunerazione del tempo tuta dei lavoratori non turnisti, in settimana corta, con rientri pomeridiani, deve essere riconosciuto se i lavoratori erano obbligati a indossare la divisa sul luogo di lavoro, non potendoli escludere dalla remunerazione esclusivamente basandosi su una delimitazione delle modalità lavorative.
Fonte: SOLE24ORE