La previdenza complementare ha ulteriore bisogno di crescere, vista la situazione delle pensioni pubbliche italiane e gli andamenti demografici del paese. Conoscere i valori e i vantaggi dello strumento è necessario perché le persone possano decidere di investire i loro risparmi e prepararsi al meglio per il loro futuro pensionistico. La Relazione Covip del 19 giugno 2024 sui dati del 2023 e il Report Covip del 26 luglio 2024 sui principali dati statistici aggiornati al giugno 2024 ci consentono di fare il punto sul secondo pilastro del sistema pensionistico italiano, la previdenza complementare, sempre più importante se si tiene conto dei dati relativi alla demografia italiana, dello stato del nostro sistema pensionistico pubblico, dell'andamento del mercato del lavoro. La Commissione di vigilanza sui Fondi pensione (COVIP), istituita con il D.Lgs. n.124/1993, è l'Autorità preposta alla vigilanza delle forme pensionistiche complementari ed ha il compito di tutelare tutti gli iscritti ai vari strumenti esistenti (fondi negoziali, fondi aperti, piani individuali pensionistici, fondi “preesistenti” alla vigente normativa). Tenuto conto dell'invecchiamento della popolazione, dell'andamento fortemente negativo del tasso di natalità, di quello relativo alla disoccupazione e del part-time c.d. “involontario”, delle sempre più frequenti interruzioni tra un contratto e un altro, rappresenta la strada principale per intervenire quanto più possibile strutturalmente su una questione che tra pochi anni rischia di diventare una vera e propria bomba sociale: la diminuzione del tasso di copertura della previdenza pubblica. Non è un caso che la contrattazione collettiva in questi ultimi anni si occupa sempre più del tema, spingendo i lavoratori sia verso l'adesione – in qualche caso iscrivendoli anche d'ufficio, i c.d. “contrattuali” - sia investendo nuove risorse per incrementarne le risorse. Il valore della previdenza complementare – sotto diversi punti di vista – è l'argomento della nostra breve analisi. Il totale di posizioni in essere delle forme pensionistiche complementari alla fine di giugno 2024 è di 10,9 milioni, il 2,3 per cento in più rispetto alla fine del 2023. A tali posizioni, che includono anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti di 9,790 milioni. I fondi negoziali sono cresciuti di 141.400 unità (+3,5 % rispetto a fine 2023) per un totale complessivo di 4,159 milioni. Cresce la raccolta della contribuzione, anche nei primi mesi del 2024; al 30 giugno il totale delle risorse destinate alle prestazioni è di 233 miliardi di euro, il 3,9% in più rispetto ai 224,4 miliardi di fine 2023 (l'incremento del 2023 sul 2022 era stato pari al 9,1%). Le risorse destinate a previdenza complementare rappresentano circa l'11% di tutto il PIL nazionale. Il valore degli investimenti dei fondi nell'economia italiana (titoli di stato, titoli emessi da soggetti residenti nel nostro paese, ecc.) è di 36,6 miliardi di euro, pari al 19,4% del totale (rispetto al 20,8% del 2022). Nonostante la situazione geopolitica ed economica, quindi, si registra comunque una crescita della Previdenza Complementare, anche se ancora troppi sono i lavoratori non iscritti e non consapevoli dei suoi vantaggi. Prima di valutarne gli oggettivi vantaggi “tecnici” previsti dal nostro legislatore, soffermiamoci un attimo su alcuni aspetti valoriali. In termini generali, intanto, l'importanza del risparmio. Avere soldi da parte aiuta ad affrontare gli imprevisti, realizzare progetti futuri, tutelarsi da un possibile calo delle entrate e mantenere nel tempo un tenore di vita omogeneo. Non è un caso che persino la nostra carta costituzionale si occupi dell'argomento: l'art.47 della Costituzione prevede che “la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme e disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito”. Non tutti sanno che il legislatore ha espressamente previsto la possibilità di chiedere delle anticipazioni delle somme destinate a previdenza complementare in caso di spese sanitarie, acquisto o ristrutturazioni prima casa per sé o per i figli (fino al 75% della posizione maturata), peraltro con tassazione agevolata per l'anticipazione sanitaria (15/9%), e persino, fino al 30% della posizione maturata, senza alcun specifico motivo (in questo caso con tassazione al 23%). Le indagini di mercato purtroppo ci dicono però che è sempre meno diffuso l'atteggiamento di porsi obiettivi finanziari di lungo termine e questo indubbiamente rappresenta un problema. Un altro mito da abbattere è quello relativo alla gestione dei patrimoni: troppo spesso si pensa che gli organi dei fondi negoziali non siano in grado di assicurare agli iscritti il massimo della qualità e dei controlli. Non è vero, perché tutto il sistema è strutturato per assicurare la massima vigilanza: si pensi, per esempio, al recepimento nel nostro ordinamento della cosiddetta Direttiva IORP II – Direttiva UE 2016/2341, il cui scopo principale è quello di aumentare trasparenza, chiarezza e tracciabilità dei processi decisionali dei fondi, nonché di migliorare la capacità di gestione dei rischi, oppure al controllo della Covip sulla corretta gestione dei singoli enti. In tutti i fondi, ad esempio, per normativa, sono state introdotte le cosiddette “funzioni fondamentali”, il risk management, la revisione interna, la funzione attuariale, che assicurano la migliore gestione tecnica possibile, con esperti in ognuna delle singole materie. Il sistema della bilateralità e della gestione congiunta dei fondi delle associazioni datoriali insieme a quelle sindacali invece, al contrario, assicura un'attenzione particolare ai costi di gestione e al controllo delle spese, nonché la partecipazione diretta e democratica dei lavoratori, attraverso gli organi del Fondo (Assemblea dei delegati, Consiglio di Amministrazione, Collegio Sindacale). Su un orizzonte temporale di dieci anni, la Covip ha calcolato che l'Indicatore sintetico dei Costi (ISC) è pari allo 0,50% per i fondi negoziali, l'1,35% per gli aperti, il 2,17% per i PIP. L'altro mito da abbattere è che non conviene investire il TFR nei fondi, perché i rendimenti sono minori. Non è vero: su un periodo di osservazione decennale (da fine 2013 a fine 2023), Covip certifica che i rendimenti medi annui corrisposti dalle linee a maggior contenuto azionario si collocano, per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 4,2 e il 4,5%, superiori al rendimento medio delle linee obbligazionarie e al tasso di rivalutazione del TFR (pari al 2,4% nel decennio) e che anche le linee bilanciate mostrano rendimenti medi che vanno dall'1,9% dei PIP al 2,7% dei fondi negoziali e al 2,9% dei fondi aperti. I vantaggi della Previdenza complementare. Finora abbiamo analizzato i valori assicurati dalla previdenza complementare: il sistema dei controlli, la vigilanza Covip, i costi sotto costante osservazione, l'elevata trasparenza assicurata dai meccanismi democratici di delega: l'aderente al fondo è anche socio, l'ente è no profit, la gestione dei soldi va a gara tra gestori professionali. Forse ancora più importanti per l'aderente sono i vantaggi economici e i vantaggi fiscali. Rispetto al primo, per un lavoratore che si iscrive al fondo pensione di categoria, la contrattazione collettiva prevede sempre il contributo aggiuntivo del datore di lavoro. Il contributo mensile da parte dell'azienda è di norma versato solamente nel caso in cui il lavoratore aderisca al fondo decidendo di versare sia il suo TFR (anche in quota parte), sia il proprio contributo. Perché perdere tali somme aggiuntive, che di norma variano tra l' 1 e il 2% della retribuzione base ma in qualche caso arrivano anche al 5%, da destinare al proprio risparmio? I vantaggi fiscali sono altrettanto importanti: senza entrare in eccessivi tecnicismi, ai contributi versati si applica il regime fiscale agevolato e l'iscritto, in sede di denuncia annuale dei redditi, potrà dedurre i contributi versati alla previdenza complementare, con esclusione del TFR, entro il limite annuo fissato in € 5.164,57. Alla fine del percorso di accumulo, la prestazione pensionistica, i riscatti -nonché come abbiamo visto prima le anticipazioni sanitarie – godono di una tassazione agevolata pari al 15% (l'aliquota decresce dello 0,30% per ogni anno, dopo il 15°anno di partecipazione al fondo, fino alla soglia del 9%). Purtroppo, troppe rimangono le criticità del nostro secondo pilastro pensionistico. Intanto, il tasso di copertura che, in percentuale della forza lavoro, seppure in crescita, si attesta solo al 36,9 per cento. I fondi negoziali contano circa 4 milioni di iscritti ma la metà delle nuove adesioni è da ricondurre al meccanismo dell'adesione contrattuale. Poi, indubbiamente, la questione di genere: gli uomini sono il 61,7% degli iscritti alla previdenza complementare ma il dato arriva al 72,7% nei fondi negoziali. Ed ancora, il tema della composizione anagrafica: gli iscritti sono prevalentemente concentrati nelle classi intermedie e più prossime al pensionamento. Sembra crescere il peso della componente dei giovani (fino a 34 anni) che passa dal 17,6% del 2019 al 19,3% del 2023, ma il dato appare più la scelta familiare di aprire una posizione previdenziale per i propri figli, in vista di una successiva alimentazione con versamenti autonomi, una volta che questi entreranno nel mercato del lavoro. Donne, giovani, lavoratori delle aree meridionali continuano ad essere meno presenti nel sistema della previdenza complementare, per i ben noti motivi relativi al gap nord-sud del Paese e a questioni di genere. La relazione della Covip suggerisce alcuni interventi che potrebbero migliorare ed estendere il sistema della previdenza complementare:
- il beneficio della deducibilità dei contributi potrebbe trasformarsi in una contribuzione di ingresso nelle prime fasi lavorative
- riportare ad anni successivi spazi di deducibilità di cui non si è goduto nell'anno di riferimento, aiuterebbe soprattutto chi ha redditi più variabili, ad esempio i lavoratori autonomi
- favorire il passaggio del sistema di tassazione dei rendimenti conseguiti dai fondi pensione dal risultato maturato a quello realizzato.
Oltre poi la necessità di sviluppare l'informazione e l'educazione finanziaria e previdenziale nei cittadini per favorire decisioni di risparmio previdenziali più adeguate, Covip suggerisce anche di fare un passo indietro rispetto alla norma che obbliga di percepire nella forma di rendita vitalizia almeno il 50% della posizione accumulata: l'Autorità segnala che l'evidenza empirica dimostra che le persone manifestano una preferenza a ricevere le somme accumulate interamente in capitale (analogamente a quanto avviene per il TFR alla cessazione del rapporto di lavoro) e quindi l'obbligo della rendita non incentiva l'accumulazione del risparmio in previdenza complementare. Sul tema il suggerimento al legislatore è quello di immaginare possibili prestazioni previdenziali che eroghino le somme accumulate ripartendole su un periodo pluriennale, contribuendo in questo modo almeno in parte a mitigare i rischi connessi alla durata della vita successivamente al pensionamento, diversamente dall'erogazione del capitale in un'unica soluzione.
Fonte: QUOTIDIANO PIU' - GFL